martedì 7 ottobre 2008

Eventi e fermenti


Celeste si presentò all’udienza supplice e a testa china, poi domandò querulo: “Quando, o Sommo, si realizzerà l’Adunanza?”.
L’immenso Ippocratico, girato di spalle guardava dall'ampia finestra della sua clinica, copia esatta del Taj Mahal, ma leggermente più grande.
Senza rispondere il suo sguardo continuò a vagare nella contemplazione del parco secolare.
“Esimio Professore”, chiamò De Pretis, credendo di non essere stato udito.
“Ho sentito!”, eruppe il Semprecalmo zittendo l’ominide.

I minuti passarono come secoli sulla pietra.

Poi inaspettatamente il Vate della Medicina si diresse verso la teca di cristallo che campeggiava nel vasto studio rifinito con “boiseries” in palissandro di Manaus.
Aperto lo scrigno ne estrasse una mitra papale e se la pose sul capo, appena tratteggiato da qualche capello bianco.
“Penso che per allora indosserò questa…Semplice ma elegante”.
Poi si guardò nello specchio.
L’immagine riflessa gli sorrise ed Egli seppe di essere non solo buono, ma anche giusto.

Quindi si rivolse distrattamente al notaro e disse: “Scendi nel giardino e fai liberare i molossi tibetani da Luca. Mi compiacerò nel vedere che ti rincorrono”.
Così dicendo tornò alla finestra senza degnare di altre attenzioni il protoumano.

De Pretis realizzò in quel attimo che la sua ignoranza lo condannava alla sofferenza, ma era proprio fortunato di avere un simile maestro.
Poi si avvio mesto verso il capanno preparando i muscoli e le carni alla grande corsa.

lunedì 6 ottobre 2008

Subliminale

Non sapeva che pesci prendere, così chiese al pescivendolo di aprirgli una cozza viva, la ammirò poi si mise a leccarla , amava il sapore di mare, le signore presenti lo guardarono sorridenti, una sciabolò la lingua di ciabatta fra le protesi e fu amore.

Laudomia

disse Gianpierfiliberto, da poco rientrato dal suo viaggio in Giappone, vieni con me sul tatami ?

Mio cavo, disse l'eterea fanciulla, sai che ti stimo, che ti ammivo, che pvovo affetto pev te, ma non ti amo, e fovse, ma solo fovse, potvei cambiave la mia visione delle cose a patto che tu faccia logopedia.

Sabato pomeriggio

Avevano passeggiato per il centro tutto il pomeriggio, non si tenevano più nemmeno per mano, guardavano le vetrine, facevano commenti stanchi, parole che rimbombavano nel vuoto della loro coppia, nonostante la confusione del sabato pomeriggio.

Erano fermi davanti ad una vetrina di gioielliere, lei guardava le cose luccicanti, gli anelli, e ripensava a quando lui era apparso con la piccola scatola di velluto blu che le aveva fermato il cuore. Tutto finito, ora c'era solo noia ed indifferenza.

Dai, disse lui, andiamo, si fa tardi

Non posso, non ce la faccio.

Ecco lei, sentiamo, hai un'improvvisa paresi ? Eh, o vorresti forse l'ennesimo brillocco da ostentare con le tue amiche e dire che te l'ha regalato quel deficiente del tuo fidanzato ?

Lei, come colpita da uno schiaffo, cominciò a piangere: ma che dici, ho bisogno del tuo aiuto , davvero, non ce la faccio, da sola non posso. Aiutami, ti prego.

Ah, non puoi ? Ma tu non eri la donna libera ed emancipata ? E ora vorresti commuovermi con le lacrime da servetta di un romanzo d'appendice ?
Nessun aiuto serve se non il tuo, non puoi usarmi come stampella per le tue nevrosi, per le tue debolezze, io che mi ero innamorato di te perché camminavi a testa alta verso il futuro.
Se ne avrò voglia, nei prossimi tre secoli, forse ti chiamo. Si girò e se ne andò.

Lei, senza parole, si chinò, e faticosamente tolse il tacco della scarpa che le si era incastrato nella griglia di aerazione davanti al negozio, e siccome nello sforzo il soprattacco se n'era andato, si allontanò con un suono di tip tap nelle luci della sera che illuminavano il suo viso rigato di lacrime.

Qual piuma al vento...


Mancava poco alla fine della sua giornata di lavoro. Il pensiero di lei lo perseguitava ormai sin dalla mattina, quando finalmente era arrivata a casa sua. Pregustava il momento del loro incontro romantico, poi la notte che avrebbe protetto come una morbida coperta il loro amore.
Quanto tempo l’aveva desiderata ed ora era finalmente arrivato il momento.

Con il fiato corto salì le scale ed aprì la porta. Entrò in casa e si diresse subito in camera da letto. Lei era stesa ad attenderlo… Soffice e sinuosa con la bocca leggermente aperta e lasciva. Era bella oltre ogni pensiero, le curve morbide del corpo perfetto e liscio si intravedevano dal lenzuolo leopardato che la copriva appena.
Lui ebbe un’erezione tremenda, quasi dolorosa, e deglutì anche le ultime parole che gli erano rimaste in bocca.
Si spogliò lentamente. L’accarezzò in ogni sua recondita intimità con le mani brulicanti e la baciò con la lingua avida. Poi fu in lei e tutto si consumò nel silenzio, il loro amore non aveva bisogno di parole.

La luce rossa dell’abat-jour tingeva del color del tramonto i corpi degli amanti e i mobili della stanza.
Egli faceva l’amore con un’intensità mai provata prima e la sua mente fu ottenebrata dall’estasi. I movimenti delle sue pelvi si fecero frenetici.
La dolce dama gonfia di tanta mascolinità assorbiva in se la forza dirompente di questa passione virile.

Poi accadde: Pam! Stfffff....
Un rumore molesto e inaspettato bucò questo momento di magia. La sua venere gli sfuggì da sotto l’abbraccio appassionato e cominciò a roteare velocissima per la stanza.

II destino beffardo e invidioso del loro amore trovò nella finestra semiaperta un complice crudele.
La bambola gonfiabile uscì da quel pertugio con un sibilo sinistro e volò via sopra i tetti di questa città indifferente.

Solo una lacrima calda e salata scese lungo il viso attonito di lui come epitaffio di amor perduto.

domenica 5 ottobre 2008

Spartano

" Un culo a te...uno a me...un culo a te...uno a me...un culo a te...uno a me...."

mercoledì 1 ottobre 2008

Il Rito Genovese della Loggia Scozzese parte I


La notte era senza luna e senza stelle come si dice siano le notti adatte per i Sabba.
Il bar Ottolina in via Tito Milvio era deserto. Forse perché era il suo giorno di chiusura o forse perché era stato prescelto dalla confraternita come sede del rito e il Fato era sempre benigno con i membri della setta.
La società segreta “I cugini de Ball” era molto attenta alla scelta delle sedi per la liturgia iniziatica.
Solo un bar Ottolina o in subordine una Bocciofila di periferia potevano avere i crismi geomantici necessari alla bisogna.
Dopo attento vaglio era stata scelta questa sede per la messa più importante, ovvero l’ingresso di una nuova adepta.

Con fare circospetto a bordo della sua Ape 50 amaranto tempestata di opali, il Gran Sacerdote Haemo Royd aspettava nervoso stringendo con le sue mani grandi il manubrio del Motopiaggio.
Intanto il suo vice-vice assistente Jean du Yacht stava cercando di forzare la saracinesca ormai da circa venti minuti senza successo.
“Belin, ma quanto ci mette quel bradipo sedato?”, disse il Gran Muftì rivolto al suo primo ciambellano seduto al suo fianco nel veicolo.
Visir, nel suo abito da Batman, calmo e silente viveva un momento di raccoglimento catartico.
Le sue energie erano concentrate ad evitare la devastante flatulenza che aveva in “canna” e con cui lottava da una buona mezz’ora per evitare che detonasse.
“Pazienza, o Sommo, sapete com’è…il vice-vice Ciambellano e svelto di lingua, ma tardo di mano”.
“Umpf!”, sbottò il Semprecalmo guardandosi nello specchietto retrovisore e aggiustandosi il Turbante Sultanato con il vistoso rubino (falso) nel centro insieme a una piuma (vera) di pavone che adornava il copricapo simbolo del suo potere.

Il fragore nella notte avvisò i cospiratori che la barriera era stata finalmente forzata.

All’interno del locale li accolse un odore stagnante di superalcolici e gazzosa mista a un'effluvio di brioches scadute.

“Jean ancora un po’ e facevamo mattina”, disse Haemo con il suo tono cantilenante, ma avvolgente.
“Quella puttanazza di una schifosissima saracinesca non voleva cedere”, disse il sempreducato Jean, dondolando sui piedi imbarazzato e ricomponendo il giustaccuore del suo vestito Louis XIV azzurrino in sapiente abbinamento cromatico con i pantaloni alla zuava zebrati.

In fondo era l’unico del gruppo che aveva seguito il corso per corrispondenza della Scuola Radio Elettra: “Scasso e furto facile in dieci lezioni”. Il problema era che siccome nessuno aveva pagato le rate il corso si era interrotto alla seconda dispensa...ma questi erano dettagli irrilevanti.

“Dov’è il Visir, dove sono Porporina e Bluvelvet e l’iniziata non c’è ancora?”, ruggì il Profondo, chiamando a raccolta i suoi prodi come Leonida alle Termopili gli spartani, ma intorno a lui c’era solo il vuoto.
Jean appolaiato sul bancone era intento a scofanarsi le brioches del bar e bere a garganella Jack Daniel’s, Visir era in bagno a disincagliarsi dalla cintura lancia dardi di Batman per fare un varco ai vapori che avevano gonfiato enormemente il suo costume.

Un sospiro uscito da sotto i baffi alla Magnum P.I. del grande figlio di Ippocrate e uno sguardo verso il soffitto furono gli unici segni rivelatori del suo disappunto.

Improvvisamente all'esterno si udì un rombo di ciclomotore smarmittato e uno stridire di freni stile "fast and furiors".

Erano arrivate le "ragazze", pensò il Semidivino e si sistemò la veste leopardata che sfiorava l'impiantito slanciando (per quanto possibile) la sua figura ieratica.

Continua...