mercoledì 28 gennaio 2009

Corso di seduzione

Andò al corso di seduzione piena di aspettative, le materie erano tante ed interessanti: come guardarlo in modo irresistibile, come intavolare una discussione in cui lui capisca che sei la donna per lui, come muoversi in modo sensuale, come legarlo a te in modo totale, come renderlo schiavo del tuo essere, come avere un uomo ai tuoi piedi e oltre.
La spesa era abbastanza alta, 500 euro per due giorni di corso, ma ne aveva sentito parlare in modo lusinghiero e gli insegnanti le sembravano validi e seri.

E finalmente, sperava, avrebbe finito quella solitudine che l'attanagliava, quel tornare a casa e trovare tutto sempre maledettamente in ordine, e soprattutto come l'aveva lasciato.

Ascoltò tutto con interesse, prese appunti, fece tutte le esercitazioni proposte ed alla fine ebbe il suo diploma con lode.

Riprese il treno per tornare a casa, e seduto di fronte a lei c'era lui: bello, capelli brizzolati, occhi chiari, fisico possente. Riassunse nel viaggio tutto quello che aveva imparato, e arrivata a destinazione lui era già palesemente su di giri e con il suo numero di telefono di casa in tasca.

Fu una grande passione, fatta di viaggi, cene romantiche, rose rosse, week end a Venezia.

Poi, come ogni amore cominciò a scricchiolare, lui si era appantofolato, la prostata lo affliggeva, la lombaggine non gli dava pace, e lei non ne poteva più.
Ma il corso, che lei aveva frequentato con tanto impegno, si rivelò un boomerang. Lui era attaccato a lei come una cozza sullo scoglio, come un pidocchio su un capello, come un gatto attaccato ai coglioni, diceva sempre la sua migliore amica.

Nelle notti in cui le toccava alzarsi perché lui russava come un trattore lei scartabellava i suoi appunti per vedere se c'era anche un antidoto al grande amore, ma niente. Poi, cerca che ti ricerca, su internet, trovò un altro corso sul come finire una relazione.

E con soli 1.000 euro e una scusa pietosa per passare il fine settimana lontano da lui, se ne liberò.

giovedì 22 gennaio 2009

Il giardino Zen

Dopo l'acquisto della casa con giardino cominciò a fare una dieta disordinata, mangiando troppa carne, tutto eccessivamente salato, e poi dolci, nocciole, bevande gassate e bevendo pochissima acqua.

E alla fine ce la fece: il chirurgo urologo gli fece i complimenti per i bellissimi calcoli multicolori che aveva prodotto e che potè usare per decorare il sentierino e le aiuole del suo giardino Zen.

giovedì 8 gennaio 2009

terapia motivazionale

Il direttore della clinica per grandi obesi, sita sulle colline di Torino, chiamò tutti i ricoverati nella sala riunioni e così parlò:

- carissimi amici, e sapete che non vi chiamo pazienti perché il vostro desiderio di dimagrire è impaziente, vi ho sempre detto che ogni grande impresa necessita di motivazioni, di stimoli, e che ogni fase della nostra vita ha la sua ragione d'essere.
Bene, sono emozionato nel comunicarvi che molti di voi sono stati scelti come modelli per delle forme d'arte estemporanea presenti ora in città, e per le quali le vostre forme, al momento Boteriane e ridondanti, sono perfette.

Le nostre infermiere passeranno ora a consegnarvi una busta con l'indirizzo ove recarvi ed una carota, necessaria alla installazione artistica.
Vi prego, ovviamente, di non mangiare la carota, sebbene i nostri nutrizionisti ve la consiglino sempre come rompifame.

I grandi obesi ebbero un fremito, le carni tremule ondeggiarono sulle seggiolone rinforzate e in diversi ebbero un moto di stizza per non essere stati scelti.

Gli eletti si bardarono bene e uscirono per la loro missione artistica cittadina.

Il direttore, ovviamente, aveva omesso di informarli che la ridondante definizione che lui aveva dato era solo per mascherare la richiesta di modelli reali per pupazzoni di neve da piazzare in varie parti della città e che, a causa della scarsità di risorse, la carota, classico oggetto usato come naso per ogni uomo di neve, se la dovevano portare da soli.

martedì 6 gennaio 2009

Energia pulita

Chiamò la suocera e cominciò ad insultarla nel peggiore dei modi, e lei di rimando gli disse che mai e poi mai avrebbe dovuto dargli in sposa quel fiore di sua figlia, poi passò a rinfacciargli che se non ci fosse stato suo marito ad aiutarlo, col cavolo che avrebbe fatto carriera.
A fine conversazione, dopo che gli aveva rovesciato addosso anni di rancori, riattaccò soddisfatto.

Poi pensò che qualche call center poteva essere l'ideale, e cominciò la consueta trafila del "se vuole parlare con un tecnico prema 2", e dopo un quarto d'ora, anche lì soddisfatto del risultato, riappese.

Infine chiamò alcuni dei suoi colleghi sottoposti e cominciò a dare una serie di direttive impossibili da seguire, cui seguirono le giuste e vivaci contestazioni degli interlocutori, e anche lì finì in rissa.

Soddisfatto ed esausto guardò il complicato aggeggio che si era attaccato ai testicoli che stavano finendo di girare, e vide che in effetti in un pomeriggio aveva prodotto energia sufficiente per una settimana in tutta la casa.

Certo, pensò fra sé e sé, queste PALLE eoliche sono un po' faticose da gestire e alla fine, se non stai attento perdi tutti gli amici ed i conoscenti, ma vuoi mettere la soddisfazione di essere autonomo in quanto ad energia, e soprattutto non inquinare ?

lunedì 5 gennaio 2009

Dichiarazione d'amore

Amami, disse il Bianconiglio inginocchiandosi nell'erbetta verde.

Lei socchiuse gli occhioni e muovendo il nasino rosa, vezzosa, gli disse:
- e io come faccio a sapere che sono davvero una storia seria per te ?

Lui, con mossa rapida estrasse dal panciotto una piccola scatola di velluto blu, all'interno della quale c'era un anello d'oro a 18 carote, con un brillante grande come un cece, o forse era un cece.

Fu un grande amore, allietato dalla nascita di 54.000 coniglietti. Non tutti insieme.

domenica 21 dicembre 2008

Liposuzione

Aveva venduto la macchina, tanto lo scooter le bastava, aveva venduto l'anello del finito fidanzamento, aveva svenduto una serie di inutili aggeggi, ma ce l'aveva fatta, i soldi per la liposuzione era lì, comprensivi di degenza e tutti le possibili aggiunte.

Era stata chiara col chirurgo di grido: aspiri tutta quella maledetta cellulite, mi faccia due coscine come non le avevo nemmeno da ragazzina, mi spiani la pancia come fosse la pianura padana, e so che la mia vita sarà, finalmente felice.

L'intervento fu lungo, ma tutto andò per il meglio. Si vegliò tutta bendata e dolente, ma il personale, professionale fino quasi al ridicolo continuamente controllava che il decorso fosse regolare, ed il luminare della chirurgia estetica passava a trovarla e le diceva che dimostrava, anche così impacchettata, tanti anni e tante taglie di meno.

Arrivò il grande giorno. Si alzò, e piano piano cominciò a togliere le bende, ad occhi chiusi, affinché il suo nuovo corpo le apparisse come una visione.

Le ginocchia erano finalmente magre, poteva tenere le gambe vicine senza la ciccia che l'aveva accompagnata per decenni. Sbendò piano piano, ogni tanto socchiudendo gli occhi quasi per ingannarsi e vedere in anteprima la bellissima donna che era diventata.

Il ventre piatto quasi le fece paura, sembrava un'indossatrice, mai avrebbe creduto che uno specchio potesse rimandarle una simile immagine di perfezione. Era ormai alla fine, tolse le ultime bende e.....ODDIOOOOOOOOOOOOOOOOO urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
AIUTOOOOOOOOOOOOOOOOO e si attaccò al campanello della camera.

Due infermieri entrarono di corsa in camera, mentre lei tremando urlava: - le tette, le tette, dove sono le tette ? Eh ? Erano qui, prima di entrare in sala operatoria.
Due pallini rossi, i capezzoli, erano lì al centro di quel torace piatto, a testimoniare, quasi come una boa nel mare, dove si trovava una volta il bel seno della donna.


L'infermiera l'afferrò delicatamente per le spalle e la fece girare.
Due rigonfi sulla schiena le confermarono la terribile ipotesi. In silenzio uscì dalla stanza e chiamò il chirurgo dal telefono dell'infermeria:
- Dottore, glielo avevo detto che quella macchina nuova era troppo potente, le abbiamo risucchiato le tette all'indietro, ora le tocca fare un intervento col silicone a spese nostre, non abbiamo altra scelta, e riattaccò.

sabato 20 dicembre 2008

Racconto di Natale

L'angelo, come ogni anno, era stato messo sulla capanna, con l'aureola appesa ad un chiodino piantato sul tetto della capanna.
Reggeva fra le braccia il cartiglio con la scritta "Gloria" ed aveva le ali spiegate.
Ma il suo viso non era sorridente; anzi, era decisamente imbronciato, e come ogni anno i pastori che si avviavano verso la capanna non mancavano di notarlo.
Guardalo, roba da vergognarsi, ha una posizione privilegiata, tutti sanno chi è eppure ha sempre quel viso a mal di corpo.

La vecchina che filava, poco distante, cercando di calmare le acque diceva che forse il poveretto aveva male alle braccia, sempre in quella posizione, sempre con le braccia stese, senza potersi muovere, e lei ne sapeva qualcosa, visto che era di cartapesta e proveniva da un presepe dei nonni dell'attuale proprietaria.

Macché, disse un pastore giovane, di plastica, un po' troppo alto rispetto agli altri personaggi, e che tanto si vantava della pecorella che teneva sulle spalle: lo so io perché è così, io leggo, mi informo, ascolto. Lui è così perché è un interinale, sa già che il 6 gennaio lo licenziano, e per tutto l'anno non troverà di certo nessun altro ingaggio.

No, no, disse il fornaio intento a sfornare panini di gesso da uno scintillante forno illuminato da una lampadina.
la verità, cari miei, è che c'è crisi dappertutto, e con tutto quello che succede gli girano anche a loro.

Il vasaio che attraversava il ponte si girò di scatto, pronto a rispondere e ad intavolare una discussione sul sesso degli angeli, che in quanto privi non potevano avere giramenti, ma poi pensò che era meglio guardare avanti e non perdere la strada, che era ancora lunga e piena di pericoli, specie quando quel diabolico gatto non entrava lì dentro e come prima cosa lo buttava di sotto.

L'angelo ascoltava tutte quelle chiacchiere senza costrutto, e facendo l'indifferente sbatté un po' le ali per sgranchirsele. Il chiodino che lo reggeva cedette e per la seconda volta quella settimana cadde di sotto, proprio sul muso del bue, che compreso nel suo ruolo cominciò ad alitargli addosso, visto che la mangiatoia sarebbe stata messa solo la notte di Natale.

Ci risiamo, disse, e poi dicono che le feste mettono tristezza, devo ancora decidere se preferisco stare 11 mesi in cantina incartato o un mese a farmi raccattare e riappendere, fino alla prossima caduta.
Una lacrima gli scivolò lungo la guancia rosa e cadde sul muschio.