mercoledì 11 febbraio 2009

San Valentino

Era tanto che ci pensava, sentiva di doverglielo, così per S Valentino comprò uno splendido anello e lo mise alla sua mano sinistra. Era mancino.

martedì 10 febbraio 2009

Il Prigioniero -Parte III-


Si alzò di scatto dalla sedia.
Fu una reazione inconscia, istintiva, come quando si ritrae la mano dalla fiamma ancora prima di sentire il dolore della bruciatura che ne fa seguito.

Nessuno tentò di fermarlo, ma giunto alla porta udì una voce autorevole, la voce di chi, abituato al comando, non aveva bisogno di alzare il tono per essere ascoltato.

“Peter, non è forse vero che il valore di una moneta si determina esaminandola da entrambe le facce?”

“Cosa? Cosa?”, disse Peter voltandosi indietro come se un’eco dentro alla sua testa facesse rimbalzare questa voce e scuotesse le fondamenta stesse del convincimento che lo facevano fuggire da quel posto folle, da quel luogo dove persone apparentemente per bene deliravano invece che conversare. Da quel manicomio camuffato di rispettabilità.

“Prego, si sieda e mi ascolti per due minuti”, era la voce del vecchio invalido che udiva, ma il timbro era quello di un uomo di mezza età. Una intonazione bassa, baritonale, che contrastava paradossalmente con il suo corpo menomato, anziano e magro. Essa vibrava di una forza misteriosa. Una sorta di accento strascicato che rendeva le sue parole, apparentemente amichevoli, sinistre e nondimeno ammaliatrici.

L’invalido indicò la sedia da cui lui si era alzato e Peter rimase fermo sull’uscio come in forse.
“Mi accontenti”, aggiunse, “Solo per compiacermi”. Sottolineò la frase con un sorriso che scoprì i denti perfetti.
Come in uno stato ipnotico ritornò sui suoi passi e si risedette. Seppe di essere di nuovo in catene, ma ormai, inspiegabilmente, si era già abituato a quel peso da non patirlo quasi più.
Il primo passo verso l’inferno era stato compiuto, ma lui non se ne sarebbe reso conto che molto tempo dopo.

“Due minuti, non un secondo di più”, proferì Peter e le sue parole parvero a se stesso estranee, simili alla minaccia di un ragazzino: ridondante ma inverosimile.
“Basteranno”, disse il vecchio senza il minimo accenno di fretta, poi continuò.

“Immagini un foglio bianco. Lo vede Peter? Ecco, lo divida a metà con una linea ideale. Alla sua destra scriva i “contro” e alla sua sinistra i “pro”, ma mi permetta, solo per gioco, di suggerirle alcune voci.
Poi, se vorrà potrà cancellarle se non le corrispondono o aggiungerne altre, come le ho detto è solo un gioco.
Il senso? Giudicare correttamente per decidere nel modo migliore, cioè senza rimpianti.
Le persone comuni spesso prima scelgono e poi, pentendosi, giudicano.
Lei è un uomo intelligente: non faccia questo errore dettato dall’impulsività”.

Fece una breve pausa in questo discorso semplice ma vero, pronunciato in un tono così quieto e distaccato che piuttosto di convincere, cullava come una storia per bambini.
Peter lo guardava con stupore, e seguendo l’onda della voce modulata del vecchio trovò la calma e l’arrendevolezza necessaria a considerare la proposta in tutte le sue sfaccettature.

L’uomo sulla sedia a rotelle lo guardava in viso, ma senza alcuna ostilità, anzi una sorta di familiarità sembrava scaturire da quel volto segnato dalle sofferenze fisiche che, però non avevano intaccato uno spirito forte come l’acciaio e tagliente come una lama di bisturi.
Quindi proseguì la sua esposizione.
“Nei –contro- metterei sicuramente la sua attuale situazione finanziaria che, non si offenda, definirei fallimentare.
Se analizziamo la sua condizione umana, poi: non ha amici, non ha una relazione sentimentale, non ha parenti.
Lei è solo.
Senza tema di sbagliare aggiungerei che è un indolente, un pigro inveterato, un perdigiorno, un inetto. Non ha saputo costruire nulla sin d’ora e certo adesso alla soglia della maturità non cambierà.
Il mondo è pieno di gente poco realista che da giovani pensavano che il loro culo sarebbe invecchiato come il vino. Se vuole dire che diventa aceto, è così; se vuole dire che migliora con l'età, non è così.
Se avesse potuto farcela in qualche modo sarebbe già accaduto.
Miseria e solitudine è quello che sicuramente l’aspettano per i prossimi anni che le resteranno da vivere.
La vita è piena di incertezze, specialmente per un povero. La malattia e le disgrazie mietono vittime otto volte di più nelle fasce demografiche a basso reddito, ma non voglio annoiarla con le statistiche…Sono così aride!
Solo una piccola curiosità: lo sa che muoiono sulla Terra più persone in un anno per incidenti stradali nei week-end che in molte guerre? Fuori è una jungla, ma a molti appare uno zoo”

Fece ancora una breve pausa, non erano che passati trenta secondi e davanti agli occhi di Peter il mondo si era già sgretolato come un affresco ammuffito.
Poi l’anziano riprese.
“Da ultimo consideriamo la sua paura più grande se accetterà questa –occasione unica- e cioè una possibile menomazione, per la verità piccola, magari solo un dito della mano o del piede, nel caso di un suo fallimento mensile.
Certo, può spaventare, ma è un’eventualità gestibile non una certezza ineluttabile.
Se lei è padrone del suo destino lei è libero, anche se vive senza uscire per dieci anni in una splendida villa.
E sa perché è libero? Perché lei ha vinto sul fato. Nulla le accadrà di inaspettato, lei determinerà in maniera certa il suo divenire.
Quindi vede come già un –contro- può essere messo nei –pro-, semplicemente ampliando il proprio orizzonte”
Un breve sorriso distese il volto del suo interlocutore che continuava nella sua lucida esposizione.

“Nella colonna dei vantaggi metterò una cosa sola.
Le pare strano, Peter? Forse, ma è la cosa che da senso a tutte le altre.
Lei non sarà solo. E non parlo della compagnia di splendide ragazze che allieteranno i suoi giorni, ma la consapevolezza che la sua vita avrà senso anche per chi, come me, vivrà di riflesso nella sua.
Sarà il protagonista, lo sceneggiatore e il regista della propria esistenza.
Mentre io, che fino a qualche momento fa le apparivo come un nemico: sarò solo il produttore.
Gli altri candidati non mi interessano, mi piace lei, mi ricorda un poco me stesso da giovane, ma questi sono solo sentimentalismi di un vecchio, adesso solo i fatti contano.
Ecco perché dico che lei firmerà e, fra dieci anni, quando tutta questa storia sarà finita, penso che si ritroverà ad essere un figlio di puttana sorridente.”

In meno di un minuto e venti secondi la sua mente era stata plasmata da una nuova luce.
Gliel’avrebbe fatta! Cazzo, sentiva che poteva vincere! Anzi ne era certo.
La sfida era stata lanciata e lui ora si sentiva forte come mai in vita sua.
Firmò, e così perdendo il suo nome, divenne il "numero 6".
Era iniziato il suo viaggio verso una nuova casa, una nuova vita.

Continua….

lunedì 9 febbraio 2009

Il prigioniero -Parte II-


“Cosa desidera un uomo?”, disse con voce profonda l’avvocato Skowrosky, stagliando sornione questa domanda sul fondo del discorso di chi possiede già tutte le risposte.
“Mah! Non saprei, penso che per ognuno sia diverso”, rispose Peter cercando di guadagnare tempo.

“Si sbaglia signor Smith, per tutti è la stessa cosa”, incalzò l’avvocato guardandolo dritto negli occhi.
“Denaro e Sesso, ecco cosa vogliamo, possibilmente senza limiti”, continuò sicuro nella sua arringa.
“Beh! Certo, potendo scegliere non è affatto male”, confermò accondiscendente Peter.

“Ebbene, ecco la proposta del nostro cliente”, e così dicendo il legale indicò con l’indice l’invalido sulla sedia a rotelle, ma senza voltare il viso da lui.
“L’offerta è per vivere 10 anni in una lussuosa villa sul mare, con ogni comfort e…Donne, tante donne, sempre diverse. Il sogno di ogni uomo che diventa realtà”.
Fece una breve pausa e riprese:
“Non certo quelle stupidate che sono comunemente contrabbandate come il senso della vita, Amore, Libertà, Amicizia, Serenità. No, no, signor Smith, concretezza. Ecco cosa le è offerto, la vera ricetta del vivere bene. Il romanticismo e la filosofia sono trappole per gli sciocchi. Sedativi sociali per tener buona la moltitudine. Questa è l'unica, semplice e vera realtà”.
“Concordo!”, rispose Peter, guardandosi attorno e incontrando così solo sorrisi, “Ma…Ci sarà pure un -ma-“, aggiunse.
“Ovvio” disse Skowrosky, incrociando le dita e appoggiando i gomiti sulla scrivania lucida.
“Non deve certo essere un avvocato che le spiega che: nulla si fa per nulla: Quid pro quo”, e finalmente sorrise con entrambi gli angoli della bocca a questa citazione senza umorismo.
“Lei vivrà in un’isola soleggiata, in una grande villa, ma non si potrà allontanare, questa condizione non è negoziabile. Inoltre dovrà avere tre rapporti sessuali ogni giorno con donne sempre diverse, piacenti e consenzienti, ma scelte dal suo nuovo datore di lavoro. Tre, si ricordi.”, così dicendo sollevò l’indice, il medio e l’anulare in un’inequivocabile addizione che riassumeva le sue "perfomance" giornaliere obligatorie.
“Sarà sempre ripreso dalle telecamere presenti in ogni angolo della casa e del parco annesso, una sorta di Grande Fratello privato ma discreto, glielo garantiamo, ad uso e consumo del nostro cliente, questa è in sostanza la proposta”.
Quindi tacque.
Anche Peter era senza parole.

“Perché io?”, chiese, stupendosi della banalità di una domanda senza senso fra tutte quelle che gli affollavano in quel momento la mente.
“Perché?”, disse con una smorfia ilare l’avvocato.
“Semplicemente perché lei piace al nostro cliente, ha superato la selezione, ma soprattutto...Perché lei è un disperato”.
Paradossalmente questa offesa pronunciata senza livore aveva tutto la naturalezza della verità.

“Ok, Ok, vivrò su quest’isola, avrò tre donne diverse ogni giorno, godrò dei lussi che questa casa e il benessere che mi concede il denaro, per dieci anni, ma se un giorno non voglio fare sesso? Se volessi fare un viaggio? Se mi ammalassi? Che succede?”, le preoccupazioni cominciavano a far capolino nel suo cervello con maggior ordine e a dare corpo a quel presentimento nefasto che lo aveva accompagnato dal momento che aveva varcato l’ingresso dello studio legale.

“Il contratto è chiaro”, disse improvvisamente l’altro avvocato, allungando dalla sua scrivania una copia di un documento in quindici pagine.
“Mi permetta di sollevarla da una lunga lettura”, aggiunse pacato l’avvocato Senior, scoccando un'occhiata avvelenata al suo giovane collega.
“Lei sarà vincolato in quella meravigliosa residenza, ma solo per dieci anni. Non per sempre, e dieci anni passano in un attimo. Mi creda, quando uso poi il termine “meravigliosa” non esagero. Inoltre cosa vuole che siano tre rapporti ogni giorno? Un uomo nel fiore degli anni come lei, non dovrà fare altro nella sua giornata che occuparsi di tre donne belle, giovani, seducenti e sempre diverse…Una passeggiata. Alla fine del contratto lei avrà due milioni di dollari rivalutati al tasso di interesse pari alla svalutazione annuale ed in più una casa, a sua scelta, fra quelle che le mostrerò”, così dicendo dispose sulla scrivania con l'abilità di un crupier alcune foto di lussuose residenze .
"Lei, signor Smith, tra dieci anni, avrà risolto ogni suo problema materiale ed in più avrà vissuto un decennio di godimenti, un piccolo Paradiso”, continuò nella sua esposizione con una serenità e una logica che faceva apparire tutto semplice.

“Sì certo, visto in questo modo non è impossibile da realizzare, ma se non ce la facessi? Se per dire un giorno non avessi voglia?”, chiese ancora titubante Peter.
“Potrà recuperare, basta che alla fine del mese la sua –prestazione- sia di novanta coiti. Non uno di più né di meno.”, aggiunse cordiale “Mitch l’amico" come ormai lo nominava nella sua mente. Nel parlare il giovane avvocato aveva dato un'occhiata al socio Senior per avere la conferma di aver detto bene.

“Ma se non riuscissi?”, continuò Peter come un disco rotto.
“Allora le sarà amputata una piccola parte del corpo”, aggiunse Skowrosky, atono, come se avesse commentato la cosa più evidente al mondo.

Con questa ultima frase calò un silenzio glaciale su tutto l’ufficio e per un attimo il cuore di Peter parve spegnersi in questo gelo.

Continua….

mercoledì 4 febbraio 2009

Il prigioniero -Parte I-


Leggeva il giornale di ieri. Non poteva permettersi nemmeno il quotidiano del giorno giusto.
Gironzolava in pigiama, nella cucina del piccolo appartamento in affitto.

Mentre si svegliava, molto lentamente, stilò un breve bilancio della sua situazione.
Trenta anni, niente lavoro, niente soldi, il frigo quasi vuoto. Nessuna relazione sentimentale, gli amici poi...ormai lo evitavano.
In meno di un minuto aveva tirato le somme della sua contabilità esistenziale.
Zero era la cifra che ricorreva sotto ogni colonna.
“Mica male”, pensò e sorrise, ma non per allegria.

Intanto che beveva il caffè riscaldato, la sua attenzione si posò su un trafiletto del giornale aperto sugli annunci: un avviso, anonimo ma curioso lo interessò.
Mise la sedia su cui si era appena seduto un po’ più vicina al tavolo e raddrizzò la schiena tirando su con il naso. Poi lesse: “Cercasi candidato: uomo, eterosessuale, per esperimento sociologico, ottima remunerazione, disponibilità a viaggiare all’estero”.
Queste erano le notizie salienti, ma a lui interessava solo la penultima parte: ottima remunerazione.

Aveva l’acqua alla gola e non sapeva ne voleva nuotare.
Scese in strada in tuta da ginnastica, fece una telefonata dalla cabina all’angolo e fissò un appuntamento con la cortese signorina all’altro capo del filo.
Poi tornò in casa per vivere un altro giorno di inutile apatico tormento.

Due giorni dopo si trovò al secondo piano di un grande palazzo che ospitava, tra le altre, numerose società.
L’agenzia di servizi che si occupava del “reclutamento” delle cavie per questo esperimento era un’agenzia famosa, almeno così gli pareva di ricordare, un’agenzia di sondaggi o cose del genere come gli aveva detto la ragazza con cui aveva parlato al telefono.
Oggi era il giorno della sua convocazione, ma non sarebbe stata ne la prima ne l’ultima. Aveva indossato il suo unico vestito decente rimastogli, un completo nero e un dolcevita nero anch'esso che gli conferiva un aspetto perlomeno convenzionale.

Dopo una breve attesa fu ricevuto da uno Psicologo (almeno così si presentò) che gli fece molte domande, poi compilò un lungo questionario, alla fine il dottore lo congedò sbrigativamente.
“Tutto qui?”, aveva chiesto sorpreso.
“Ci faremo sentire noi…nel caso”, aveva detto il suo interlocutore, mettendo l’accento sull’ultima frase. Una risposta decisa che non lasciava spazio a ulteriori domande o repliche.

Era deluso. Avrebbe potuto dormire sino a tardi quel giorno, come faceva di solito, ma si era dovuto svegliare presto per partecipare alla selezione ed adesso, dopo un’ora e mezza di esame, era di nuovo se stesso, purtroppo.
La sua atavica indolenza lo perseguitava come un senso di colpa per un crimine abietto.

Inaspettatamente dopo tre giorni ricevette una lettera.
Era un nuovo appuntamento per “l’esperimento”, lui ormai lo chiamava così questa opportunità. Un’occasione in cui aveva inciampato senza neanche troppa convinzione.
Doveva fare una serie di esami clinici e poi ancora nuovi test psicologici, questo era almeno il programma da svolgersi per addirittura un giorno intero.

Sbadigliò grattandosi la testa, mentre leggeva la lettera scritta in uno stile anonimo che enumerava una serie lunghissima di test che sarebbero stati svolti su si lui. Avrebbe fatto anche questo, ormai avrebbe fatto quasi tutto, firmò la liberatoria allegata la rispedì al mittente e attese paziente.

“Mi sbatteranno fuori casa fra meno di un mese e non ho modo di pagare l’affitto” questi i pensieri tristi che gli facevano compagnia mentre guardava dalla finestra, era inverno, e il pensiero di vivere in strada lo fece rabbrividire nonostante il riscaldamento.

Il giorno della seconda selezione fu lungo e pieno di cose da fare che rispettavano puntualmente il programma che aveva approvato.
Le visite mediche accurate con esami, prelievi e infinite domande sulla sua salute, sulle sue preferenze, tutto sembrava scavare nella sua vita banale alla ricerca di un particolare che non sapeva di avere. Poi eseguì prove attitudinali di ogni genere.
La giornata faticosa finì come l’altra: un brutale congedo senza manco un sorriso.
Passò ancora una lunga settimana ma che gli regalò alla fine una nuova inaspettata convocazione, l’ultima c’era scritto.

Doveva recarsi presso un avvocato in città.
“Che palle!”, pensò con un sospiro, “Mi fanno girare come una trottola”, sbottò, “ma in fondo che avevo da perdere?”, concluse ormai rassegnato questo breve soliloquio.

Il giorno della convocazione era in anticipo all’appuntamento, di ben dieci minuti, fatto incredibile per la sua naturale pigrizia, ma ebbe modo così di guardarsi intorno.
Lo studio legale era prestigioso, elegante e ben organizzato.
Avvocati ben vestiti andavano e venivano dal lungo corridoio. Passavano da un ufficio all’altro in una sorta di gioco dei quattro cantoni. L’immagine era di una efficienza dinamica, ma non frenetica.

La sala di attesa era raffinata, con parquet e tappeti orientali. Poltrone di pelle e quadri importanti alle pareti. Le tre segretarie alla reception erano tutte belle, molto cortesi e vestite con abiti di ottimo gusto. Se le sarebbe scopate tutte e tre.
Scacciò questo pensiero per rimanere concentrato su quello che lo aspettava, ma naturalmente non ci riuscì.
La sua era una specie di ossessione per il sesso, cui non poteva dare seguito se non saltuariamente a causa dei suoi problemi economici.
Non che fosse un brutto uomo, solamente era tremendamente spiantato.
Inoltre la sua indolenza mista a un’inveterata infedeltà mettevano a dura prova anche la donna più innamorata. Alla fine la relazione più lunga negli ultimi cinque anni era stata di tre settimane.

I suoi pensieri furono interrotti da una fragranza, mirra e fiori selvatici, avrebbe detto.
“Signor Smith, signor Peter Smith? Prego, si accomodi gli avvocati la stanno aspettando”, il viso della segretaria era vicino al suo e ne poteva sentire l’alito fresco che si mischiava divinamente con quel profumo.
La guardò con un’occhiata languida, da cane affamato, e si alzò dalla poltrona per dirigersi verso l’ufficio indicatogli. La porta era socchiusa: pareva una bocca aperta nella attesa di mangiarlo.
A metà strada si girò, per osservare il sedere della bella impiegata che stava tornando alla scrivania.
“Era proprio bello tondo”, indugiò fra se immaginandoselo senza gonna e senza il perizoma che si intuiva sotto il tessuto. Per un attimo il sangue gli andò alla testa, ma si ricordò cosa era venuto a fare e così gli evaporò tutta la poesia.

L’ufficio era più grande di quanto immaginava.
Arredato con mobili antichi, si sarebbe potuto dire una sorta di “Country Club” se non ci fossero stati i monitor dei computer che punteggiavano, con il loro candore, le due scrivanie in mogano scuro.

Osservò con cura le persone che lo aspettavano.
Un giovane, probabilmente un avvocato, alla sua destra in piedi, uno più vecchio seduto su una grande poltrona girevole dietro una delle scrivanie. Alla sua sinistra verso il fondo della sala invece un uomo in carrozzina; dietro a quest’ultimo un altro uomo, una specie di gigante, con la faccia da gorilla.
Poi scorse anche una donna, forse una segretaria, oppure un’infermiera, seduta su una piccola poltrona a lato dell’invalido.
L’aria all’interno della stanza era amichevole, rilassata, “Forse un po’ finta”, pensò con malizia.

Il giovane si avvicinò a lui con passo dinamico e gli strinse la mano: “Sono l’avvocato Michael Leonardi…ma se vuole può chiamarmi semplicemente Mitch”, disse con voce gioviale come se fossero stati vecchi amici ritrovati ad una rimpatriata di ex studenti di Harvard.
Non poté fare a meno di notare il bel vestito gessato di questo “amico ritrovato” e l’asola del bottone della manica della giacca lasciata volutamente aperta, a far intendere che il vestito era un prodotto sartoriale, mica un “pre a porter” del cazzo.

Poi con continuità gli furono presentati gli altri.
“Il socio Senior dello studio: l’avvocato Skowrosky”, aggiunse il suo anfitrione, indicando con la mano aperta l’uomo seduto dietro la scrivania.

Era anziano con una cascata leonina di capelli bianchi, Skowrosky, e gli fece un cenno della testa come saluto, poi piegò un angolo della bocca, come se quella smorfia potesse essere scambiata per un vero sorriso.

“Ed ecco il nostro cliente”, aggiunse indicando subito dopo l’invalido, ma stranamente non ne disse il nome.
“E naturalmente la sua segretaria, miss Tippy”, inchinò leggermente il capo, in una sorta di piccola reverenza all'indirizzo della ragazza, come un vero gentleman.
“Non c’era che dire a Harvard li ammaestravano proprio bene”, pensò Peter.

Del “gorilla” appena fuggito dallo zoo non fu fatta menzione. Lui certo non aveva la curiosità di conoscerne il nome e neppure il desiderio di una stretta di mano con quel energumeno per magari farsela stritolare.

“Si accomodi signor Smith”, disse il socio Senior, indicando la sedia di fronte alle scrivanie, disposta in modo da guardare in faccia tutti i presenti.
“Grazie”, disse Smith, fingendo la disinvoltura di chi usualmente frequenta posti di classe come questo.

I secondi successivi trascorsero in un silenzio lievemente carico di imbarazzo.
Il vecchio invalido lo scrutava.

Avrebbe potuto avere fra i sessanta e i settanta anni, ragionò Peter.
Curiosamente era vestito completamente di bianco, il viso, curato e magro, faceva pensare ad un carattere volitivo, ma gli occhi, gli occhi erano estremamente penetranti, anzi inquietanti: di un grigio liquido che parevano poter guardare direttamente dentro la mente dell’altro. Questi furono i pensieri rapidissimi che passarono nel suo cervello.
Sembravano avere la fissità di quelli di un gatto, ma con la perspicacia di un venditore di tappeti furbo, questa fu la conclusione del suo ragionare.
Il nervosismo che cominciava a provare fece diventare rapidamente scomoda la bella sedia imbottita su cui si era accomodato.

“Arriviamo al dunque saltando i preamboli inutili, va bene signor Smith?”, disse l’avvocato anziano, rompendo il silenzio con il solito mezzo sorriso, ma usando stavolta l’altra metà del viso che non aveva ancora adoperato.

Skowrosky, pronunciò “signor Smith”, con una sorta di disprezzo perfettamente camuffato dalla gentilezza. Un vero attore.

“Lei è uno dei candidati, per l'esattezza il numero 6, che hanno sino a ora superato la selezione ma adesso, se deciderà di aderire al progetto dovrà conoscerne i particolari e dopo accettarne le clausole del contratto per essere eventualmente assunto”.
“Naturalmente”, rispose Peter, scodinzolando sulla sedia che non riusciva a diventare comoda neanche ora che il vecchio aveva tolto lo sguardo dalla sua persona. Notò con la coda dell'occhio che ora parlava nell’orecchio della segretaria.

L'avvocato anziano aggiunse ancora con tono affabile, ma mantenendo quella aria di disgusto come se avesse sotto il naso una merda di cane:
“Naturalmente…Lei -signor Smith- sarà vincolato al segreto, anche nel caso non accettasse l’offerta del nostro cliente. Questo è il modulo che ci consente di perseguirla legalmente nel caso, anche una sola parola uscisse dalla sua bocca, a proposito di quanto le sto per dire”, dopo una breve pausa il vecchio squalo in abito blu aggiunse, “E’ tutto chiaro?”.

“Cristallino”, rispose lui, palesando una sicurezza ed un sorriso che non aveva mai avuto in vita sua.

“Firmi allora e conoscerà questa fantastica offerta...Le cambierà la vita”, disse l’avvocato dandogli una penna e un foglio dattiloscritto fitto di causali e postille.
Mai parole furono più vere in bocca ad un patrocinante.

Continua…

mercoledì 28 gennaio 2009

Cu! Cu!


Cara, ti assicuro...non è come sembra.

Corso di seduzione

Andò al corso di seduzione piena di aspettative, le materie erano tante ed interessanti: come guardarlo in modo irresistibile, come intavolare una discussione in cui lui capisca che sei la donna per lui, come muoversi in modo sensuale, come legarlo a te in modo totale, come renderlo schiavo del tuo essere, come avere un uomo ai tuoi piedi e oltre.
La spesa era abbastanza alta, 500 euro per due giorni di corso, ma ne aveva sentito parlare in modo lusinghiero e gli insegnanti le sembravano validi e seri.

E finalmente, sperava, avrebbe finito quella solitudine che l'attanagliava, quel tornare a casa e trovare tutto sempre maledettamente in ordine, e soprattutto come l'aveva lasciato.

Ascoltò tutto con interesse, prese appunti, fece tutte le esercitazioni proposte ed alla fine ebbe il suo diploma con lode.

Riprese il treno per tornare a casa, e seduto di fronte a lei c'era lui: bello, capelli brizzolati, occhi chiari, fisico possente. Riassunse nel viaggio tutto quello che aveva imparato, e arrivata a destinazione lui era già palesemente su di giri e con il suo numero di telefono di casa in tasca.

Fu una grande passione, fatta di viaggi, cene romantiche, rose rosse, week end a Venezia.

Poi, come ogni amore cominciò a scricchiolare, lui si era appantofolato, la prostata lo affliggeva, la lombaggine non gli dava pace, e lei non ne poteva più.
Ma il corso, che lei aveva frequentato con tanto impegno, si rivelò un boomerang. Lui era attaccato a lei come una cozza sullo scoglio, come un pidocchio su un capello, come un gatto attaccato ai coglioni, diceva sempre la sua migliore amica.

Nelle notti in cui le toccava alzarsi perché lui russava come un trattore lei scartabellava i suoi appunti per vedere se c'era anche un antidoto al grande amore, ma niente. Poi, cerca che ti ricerca, su internet, trovò un altro corso sul come finire una relazione.

E con soli 1.000 euro e una scusa pietosa per passare il fine settimana lontano da lui, se ne liberò.

giovedì 22 gennaio 2009

Il giardino Zen

Dopo l'acquisto della casa con giardino cominciò a fare una dieta disordinata, mangiando troppa carne, tutto eccessivamente salato, e poi dolci, nocciole, bevande gassate e bevendo pochissima acqua.

E alla fine ce la fece: il chirurgo urologo gli fece i complimenti per i bellissimi calcoli multicolori che aveva prodotto e che potè usare per decorare il sentierino e le aiuole del suo giardino Zen.