venerdì 31 ottobre 2008



A volte la pregnanza del messaggio viene annullata da un vile errore di ortografia





(Porp. che tornò apposta a fotografare questo capolavoro - Firenze)

A volte la pregnanza del messaggio viene annullata da un vile errore di ortografia


(Porp. che tornò apposta a fotografare questo capolavoro - Firenze)

la cruda realtà

Alla fine spesso la cruda realtà è riassunta in una frase, in basso a destra, indicata da una freccia.

Porp. che fotografa, anche, di queste cose (a Livorno, per essere precisi)

Citarsi addosso notturno

Se lo sapevo che la minestrina in brodo era così eccitante, maremma maiala non la prendevo


Porp. insonne nonostante la stanchezza.

giovedì 30 ottobre 2008

Letta su un muro

"Meglio un giorno con te che non essere mai nati"

Citarsi adosso II


Una montagna d'oro non compra una briciola di tempo. (Visir al Monte dei Pegni)

La menzogna ferisce l'amore, la sincerità l'uccide. (Visir)

L'amore è come la luna quando non sale, cala. (Proverbio Cinese)

Chi non ama troppo non ama abbastanza (Anonimo)

L'amore piace più del matrimonio per la ragione che i romanzi sono più belli dei libri di storia. (Nicholas De Chamfort)

Chi nutre se stesso non patirà mai la fame (Visir)
Allora sabato cucini tu? (fidanzata del Visir in risposta)

L'amore è la momentanea pigrizia dell'intelletto (William Schakespere)

Che l'amore è tutto è quello che ci è dato di sapere dell'amore (E.D.)

La paura bussò alla porta. Gli aprì il coraggio e non trovò nessuno. (Proverbio Postale)
"Tesoro, non cambiare mai" disse lei.
"Non cominciamo ad offendere!" rispose risentito Visir. (Vita Vissuta)
Eravamo sull'orlo di un precipizio, ora abbiamo fatto un passo avanti. (Ministro Italiano dell'Economia)
Il matrimonio è un sogno condiviso. Se però ti svegli ti trovi improvvisamente molto più povero. (Visir al suo avvocato divorzista)




mercoledì 29 ottobre 2008

Souvenir di Genova ?

Meglio un piatto di pasta col pesto che una supposta nel solito posto.

E' l'agghiacciante testo che faceva orribile mostra di sé su una piastrellina attaccata al muro nella cucina di una famiglia di mia conoscenza.

P.S. - Ma in quanti posti si possono mettere le supposte ?

Proverbio

Meglio una merda da soli che una torta in tanti. (proverbio genovese filone filantropico)

Citarsi adosso


Nessuno è tanto povero da non avere il lusso di una propria opinione. (Visir alla convention Caritas)

L'occasione fa l'uomo onesto. (PfB)

Non mi sono mai pentito di quello che non ho detto. (G. Andreotti rivolto alla commissione antimafia)

Non si può diventare ricchi se si è impegnati a lavorare tutto il giorno. (Visir in risposta alla ex-moglie e alle sue esorbitanti richieste di alimenti)

Quando il sole tramonta anche l'ombra del nano si allunga. (Proverbio Cinese)

Per quanto ti svegli presto il tuo destino si è svegliato mezzora prima. (Proverbio Africano)
Spazza davanti alla tua porta e il mondo sarà pulito. (Proverbio Arabo)

Le radici dell'albero dell'Amicizia si dissetano alla fonte delle cose vere. (Visir in un raro momento di lucidità)

Se hai bisogno di una mano di solito la trovi in fondo al tuo braccio. (conversazione telefonica di un'Ortopedico colta al volo )

Spesso il destino si incontra lungo il sentiero che si è scelto per evitarlo. (proverbio C.A.I.)

La fortuna esiste! Altrimenti come si spiegherebbero i successi degli altri? (Visir in una conversazione fra colleghi)

E' incredibile che le persone riescano a guarire nonostante le medicine. (dott. Haemo Royd al convegno internazionale di Coprofagia)

Gli amici sono il modo che Dio ha di scusarsi di averci dato i parenti. (nonna di Visir alla cena di Natale)

Quando un dio ti vuole punire esaudisce i tuoi desideri. (proverbio Indiano)

I buoni propositi della sera muoiono all'alba. (nonna di Visir al nipotino Visir)

lunedì 27 ottobre 2008

PREMIO PREMIO!!!


E sono già 3!
Non so chi l'ha proposto ma ci hanno dato un altro premio, provo tanto orgoglione, un misto di orgoglio e soddisfazione, e anche tanto merdore, un misto di meraviglia e pudore.

sabato 25 ottobre 2008

Premio! Premio!



Un altro premio! Campane a festa! Uccelli con la testa!

venerdì 24 ottobre 2008

La ricerca è sempre lontana, ma la verità è vicina.


Pi-Nin chiese: "Com'è Maestro che in dodici anni di pratica nonostante inutili sforzi mi sfugge la Via".

Pin-Nao rispose: "Gli sforzi inutili servono a capire l'inutilità dello sforzo".

Per la prima volta in vita sua Pi-Nin taque.
E solo un sorriso senza labbra aleggiò, nobile e puro, fra loro.

mercoledì 22 ottobre 2008

Moda

"Mamma hai visto la mia maglietta Monella Vagabonda? Non la trovo!" disse la piccina.
" Si amore è vicino alla mia borsa Baldracca Stanziale, sul comò" rispose mammina.

lunedì 20 ottobre 2008

Come se

Si guardarono negli occhi con un po’ d’ imbarazzo, avevano comunicato senza parole ma era come se avessero fatto l’amore.Ogni volta in ascensore succedeva la stessa cosa, muti si dicevano….”ti voglio”, ….”anch’io tesoro”.Lei era la più forte dei due, fosse stato per lui sarebbe successo sul serio, sognava il suo sapore e le sue morbidezze, ,di coccolarla e poi di prenderla dolcemente, a lungo, di scoprire come godesse e di godere dentro di lei.Ma non si poteva, gli altri non avrebbero capito questo strano amore fra Celeste e Diana la Boxerina dell’inquilino del 16 A.

sabato 18 ottobre 2008

Passeggiata

Barbara era una bellissima ragazza: alta, bionda, slanciata. Gambe lunghe, fianchi tondi ed ammiccanti, spalle dritte, sguardo che ti cattura.
Red era il suo setter irlandese. Anche lui un bellissimo cane, pelo lucido, andatura agile, fisico da cane sano e felice.

Barbara e Red amavano uscire insieme, passeggiare accanto, il passo elastico, l'andatura veloce, la consapevolezza di non passare inosservati, ed a Barbara piaceva sentire lo sguardo degli uomini su di sé, ed immaginare le loro fantasie su di lei, fosse anche, in quel momento, vestita con la tuta da ginnastica e la coda di cavallo.

E quel giorno Barbara e Red erano a passeggio; correvano, rallentavano, passeggiavano guardando le altre persone.
Barbara sentì dietro di se la conversazione di quei due amici che camminavano lenti dietro di lei:

- oh, ma hai visto che fisico ? Che andatura, e guarda che fianchi !
- Già, disse l'altro, anche solo vedere quella coda che si muove mi fa stare bene !
- Chissà quanti anni ha ? E' giovane di certo, deve essere proprio un bel tipino, difficile stargli dietro, eh ? Disse ammiccando all'altro.

Barbara rallentò un po', per godersi appieno quei commenti lusinghieri, le piaceva da morire questo gioco, attizzare gli uomini senza darlo a vedere, sentire quali sensazioni provocava anche solo il vederla camminare, muovendo il sedere con aria finta indifferente.

I due proseguirono, affiancati dietro di lei.

- Ti piacerebbe farci una bella corsa, eh ? Ma hai visto che cosce ?

- Sai una cosa, però ? disse l'altro - Tutto sommato il mio cocker, così pasticcione e che abbaia anche troppo è sempre il cane più bello del mondo, anche se ha uno stacco di coscia di 30 centimetri, e a me va bene anche solo andarci a passeggio, a correre ci si stanca troppo.

venerdì 17 ottobre 2008

Corbezzoli

"Corbezzoli!" disse lei.
" Notevole vero?" disse lui compiaciuto.
" Che razza è?" disse lei emozionata.
" E' un bastardo" disse lui ironico.
" Posso provarlo per favore, per favore..." disse lei golosa.
" Si, ma senza sella" acconsentì lui.

giovedì 16 ottobre 2008

Saudade


Pareva una giornata triste, simile alle molte vissute. La città frettolosa e grigia dipingeva un quadro monocromatico alle sue spalle, giusto proscenio ai suoi pensieri neri.

Entrò distrattamente in un bar per un caffè. Mentre era alla cassa nella attesa di pagare udì un samba allegro che galleggiava nell'aria.
Una bella ragazza seduta su uno sgabello gli regalò uno sguardo curioso e profondo nello stesso tempo.
Il suo corpo si sciolse da ogni tensione e un movimento lieve si accordò alla musica entrandogli nel cuore.
Mentre la voce dolce di un Gilberto Gil in gran forma accompagnava la sua chitarra, si udivano in sottofondo le percussioni allegre del paese del sole.
Guardò fuori nella strada e l'asfalto si trasformò in risacca, l'aria si colorò dei profumi del tropico del capricorno, la sabbia calda di Ipanema filtrò nelle sue scarpe.

Il carnevale eruppe nella sua anima e gli ricordò che la vita è meravigliosa.

Compleanno

Fu un compleanno di merda, per festeggiarlo mangiò la torta di feci.

mercoledì 15 ottobre 2008

Annunci matrimoniali - 2

Sono Sabrina, ho 40 anni, la vita non è stata generosa con me, i tasselli che la compongono sono come un puzzle fatto di giorni con pochi colori ed a cui manca quello più importante, l'amore.
Ti cerco, amore mio. Vuoi mettere tu il tassello mancante al mio puzzle ?

Risposta: Carpentiere 50enne conoscerebbeti per piantarti il suo Fischer da 12 a espansione, che a me quei quadretti del cazzo fatti di tanti pezzettini non mi sono mai riusciti. E poi, sempre tassello è, non ti pare ?

Annunci matrimoniali

42 enne formosa, ben portante, con una buona posizione, amo il mare e passeggiare sul bagnasciuga al tramonto, per raccogliere conchiglie che colleziono nella mia casa al mare.
Vuoi unire le tue impronte alle mie sulla sabbia umida ?
Scrivere F.P.C.


Risposta: 45enne pescatore di frodo, amante delle cozze, desidera incontrarti per avvilupparsi a te come un polpo sullo scoglio e passare così il resto dei nostri giorni.

Coiti impossibili - tragedia in due battute (2)

LUI: Dammela

LEI: Prima di rispondere, tu credi nella reincarnazione ?

LUI: Ma ora cosa centra ? Boh, penso di no.

LEI: Peccato, avrei potuto prenderlo in considerazione fra due reincarnazioni

Coiti possibili (post elitario)

Commedia in 4 Etti (sono magri entrambi)

Lui: dammela!

Lei: che ore sono?

Lui: le 23,15.

Lei: WOW!

Coiti impossibili - tragedia in due battute

LUI: Dammela

LEI: No

lunedì 13 ottobre 2008

The beauty and the beast


Ebbene si. Era perdutamente innamorato della sua insegnante di Danza Tribale.
Si era iscritto per far piacere ad un’amica a questo corso appassionandosi poi alle danze rituali, ma dopo poco si era reso conto che lei gli era entrata nel sangue.
Non ci aveva fatto molto caso all’inizio, certo bella era bella, ma non era il suo tipo, così aveva pensato la prima volta che l'aveva vista.
Dopo pochi mesi non viveva che per lei.
Non molto alta, con una cascata di capelli castani mossi, il corpo magro, ma con glutei forti e perfetti, le cosce piene poi lo avevano ammaliato.
L’ultimo baluardo di decenza con se stesso era caduto quando si era perso nei suoi occhi: neri, profondi, che emanavano un’energia inquieta e sensuale. Tribale appunto.

Aveva provato di tutto.
La gentilezza, risultata inutile, infranta sugli scogli delle sue risposte taglienti.
Gli sguardi fiammeggianti, spenti dall’onda della sua indifferenza.
Le proposte velate di lussuria evaporate al sole dell’ironia di lei.
Ella lo aveva stregato, ma lo ignorava.
Eppure lui era un bell'uomo, abbastanza ricco e anche colto, ma pareva trasparente in sua presenza.

Un giorno mentre lei stava parlando con altre donne alla fine della lezione le aveva sentito dire: “Voglio un uomo con le palle”.
Lui si era domandato se fosse un maschio di tal carattere. La voce diabolica del suo Io pusillanime gli era rimbombata nel cervello: “Se te lo domandi vuol dire che non lo sei”.
Proprio quella sera giunto poi a casa si era autoerotizzato per tre volte di seguito. Solo lo sfinimento lo esorcizzava dal pensiero del suo amore.

Capitò poi inaspettatamente, come sempre accadono le rivelazioni illuminanti.

La lezione era finita e si era attardato più del solito per una lunga doccia. Uscito dallo spogliatoio la scuola era ormai deserta.
Si avviò docile verso l’uscita, ma il suo udito fu richiamato da uno strano rumore incalzante come di colpi sul legno. Curioso seguì questa traccia sonora fino al camerino della sua insegnante, il cuore in gola, le orecchie gli ronzavano dall’emozione, ma doveva vedere, capire.
La porta era appena accostata, e lui la spinse appena per poter scorgere all’interno.
Così vide.

Un grosso culo peloso che si muoveva spasmodico. Non capiva ancora.
Apri un po’ di più ed ecco che la scorse. Le gambe aperte, le mani avvinghiate ai fianchi grassi dell'uomo, il viso trasformato dal piacere. Era seduta su un tavolo di legno usato per il trucco. Le luci accese degli spot intorno allo specchio sul ripiano le facevano corona , sembrava una Madonna blasfema.
Il chiarore della stanza era spietato.
Lo stupore giunse all’acme, quando vide che a cavalcarla così era l’uomo delle pulizie.
Un ritardato mentale che si occupava di sistemare le stanze e pulire i cessi. Lo aveva notato distrattamente qualche volta, aveva il volto coperto da una folta barba da cavernicolo, il corpo tozzo, grasso e basso. Si muoveva con un passo dondolante da orso. Di solito puzzava di sudore e lasciava dietro di se una scia persistente. Allo sguardo vacuo del microcefalo non facevano seguito che versi gotturali.

Ed ora, quel essere infimo, quel subumano era dentro la sua Dea e stava godendo con inconsapevole lussuria l’oggetto dei suoi desideri. Un essere volgare che possedeva con brutalità quella Venere che danzava come un angelo.
Giunse infine al climax, il “bestione”, emettendo a bocca storta un grugnito soddisfatto. Il viso di lui senza la minima intelligenza deturpato, se mai possibile, da quella smorfia di godimento. Lei invece gli era avvinghiata con le bellissime gambe divaricate, gli occhi chiusi e il viso radioso. Anche in quel momento non poteva fare a meno di desiderarla.
Mentre "l'essere" si tirava su i pantaloni della tuta di lavoro vide ancora e credette di capire.
Il "mostro" aveva un membro molto grosso, ma la cosa veramente incredibile erano i testicoli: come due arance Tarocco di Sicilia.
L'animale rinfoderò soddisfatto il tutto nelle braghe e si diresse senza una parola verso il secchio e lo spazzolone.

Ora non c'era più nulla da vedere ne da capire.
Tornato a casa ingoiò tutta la confezione di barbiturici e si mise nella vasca da bagno piena di acqua bollente. Incise le vene dei polsi e attese. L’immagine di lei si dissolse lentamente dalla sua mente…finalmente libero, e fu l'ultima cosa che pensò.

domenica 12 ottobre 2008

Mal di pancia

Il giovane manager giapponese Sushito Nakagata, che in italiano significa lanaturaèstatadimoltostronzinaconme aveva avuto dei forti disturbi di pancia, che gli avevano fatto passare una notte insonne, e gran parte di essa sulla tazza del water.

Il giorno dopo, tornando a casa, esausto dalla giornata lavorativa e dagli strizzoni, disse alla sua fidanzata geisha Pur-io Sonokagata (accidentallamimammachemmaffattacosìcozza):

- Tesoro mio, fior di loto del mio ruscello, ponte sulle acque limacciose della vita, Kimono dai mille colori, mi faresti delle mele cotte, al fine di dare sollievo a questo intestino che produce ed estrude escrementi veloci come la migrazione degli uccelli in autunno, come il cadere delle foglie dagli alberi durante una giornata di vento ?

Pur-io, che aveva perso degli interessanti 3x2 a Ginza e pure l'ombrello nella metropolitana, rispose con tono dolce, e chinando il capo:

- Certo, tempio scintoista del mio amore, pallina vincente del mio pachinko, il tuo amore avvolge il mio cuore come l'alga nori il riso del sushi, certo mio amore, arrivo.....

Con un rapidissimo gesto si girò, staccò dal muro un' enorme Katana e con un taglio netto gli staccò tutte e due le natiche, che gettò nel caminetto acceso, grondanti di sangue.

Si allontanò nella notte urlando: almeno quelle scarpe di Prada quella brutta troia me le poteva lasciare !

Autunno

Non si stava male seduti in riva al fiume, il sole autunnale scaldava piacevolmente le spalle e l'acqua scorreva lenta, passò nuotando un cavallo, poi un'altro e un altro ancora, non credeva ai suoi occhi.
La mente febbrilmente cercava significati, poi l'illuminazione: " Ce ne sarà un nido a monte" pensò e sorrise.

sabato 11 ottobre 2008

Il pozzo e il pendolo (storia di paura)


Lei era spanata, lui con problemi erettili.

giovedì 9 ottobre 2008

Premio premio

Premio D eci e lode
Siamo stati premiati!

Ezechiele 25.17

Pareva impossibile eppure erano li davanti a lui.
Erano due esattori adetti alla riscossione del debito non pagato per quella Bibbia rilegata.
Due tipi anonimi vestiti di scuro.
"Fanculo"- pensò- "non pagherò per quella schifezza ordinata online".
Poi uno di loro (quello nero) parlò:
"Il cammino dell'uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi. Benedetto sia colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre; perchè egli è in verità il pastore di suo fratello e il ricercatore dei figli smarriti. E la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine a distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del Signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te."
§
Proprio allora capì che non si può fregare il Grande Capo e allungò una mano in segno di resa, ma...
"BAM, BAM, BAM", il mondo si spense per sempre.
§

mercoledì 8 ottobre 2008

Bussate e vi sarà aperto...


Drinn, drinn....
Anonimo:-C'è Haemo?-
Blogger (da dietro la porta):-No non c'è...Sono Jean, ma parlo a nome di Visir-
Anonimo:-Ah! Pensavo fossi Porporina. Vabbè, chiamami Bluvulvet che devo dire una cosa a Piopoca-
Blogger:- Prima devi rispondere ad un indovinello-
Anonimo: -Uh?-
Blogger:- Sei un extraterreste diciamo un Marziano e devi trovare un Pleiadiano, ma non sai come contattarlo e non puoi comunicare con nessuno. Sai solo che è in questa galassia e tutti i giovedì mette delle mutande rosa...Hai seimatrecentododici anni per trovarlo: Come fai?; E soprattutto come fai ad avere il numero di cellulare di sua sorella?-
Anonoimo (andandosene):- Mo va a cagher!-
Blogger:- Grazie, a nome di Octuagenario-
.
Nella notte si udì un cantico di cimbali, il grande Carnaval andava a incominciar...

martedì 7 ottobre 2008

Udite udite!

Il 31 ottobre terremo un work shop a Genova dal titolo " Il mio blog al tuo ci fa un culo tanto".
Sono invitati tutti i bloggers.
Per informazioni citofonare Haemo.

Eventi e fermenti


Celeste si presentò all’udienza supplice e a testa china, poi domandò querulo: “Quando, o Sommo, si realizzerà l’Adunanza?”.
L’immenso Ippocratico, girato di spalle guardava dall'ampia finestra della sua clinica, copia esatta del Taj Mahal, ma leggermente più grande.
Senza rispondere il suo sguardo continuò a vagare nella contemplazione del parco secolare.
“Esimio Professore”, chiamò De Pretis, credendo di non essere stato udito.
“Ho sentito!”, eruppe il Semprecalmo zittendo l’ominide.

I minuti passarono come secoli sulla pietra.

Poi inaspettatamente il Vate della Medicina si diresse verso la teca di cristallo che campeggiava nel vasto studio rifinito con “boiseries” in palissandro di Manaus.
Aperto lo scrigno ne estrasse una mitra papale e se la pose sul capo, appena tratteggiato da qualche capello bianco.
“Penso che per allora indosserò questa…Semplice ma elegante”.
Poi si guardò nello specchio.
L’immagine riflessa gli sorrise ed Egli seppe di essere non solo buono, ma anche giusto.

Quindi si rivolse distrattamente al notaro e disse: “Scendi nel giardino e fai liberare i molossi tibetani da Luca. Mi compiacerò nel vedere che ti rincorrono”.
Così dicendo tornò alla finestra senza degnare di altre attenzioni il protoumano.

De Pretis realizzò in quel attimo che la sua ignoranza lo condannava alla sofferenza, ma era proprio fortunato di avere un simile maestro.
Poi si avvio mesto verso il capanno preparando i muscoli e le carni alla grande corsa.

lunedì 6 ottobre 2008

Subliminale

Non sapeva che pesci prendere, così chiese al pescivendolo di aprirgli una cozza viva, la ammirò poi si mise a leccarla , amava il sapore di mare, le signore presenti lo guardarono sorridenti, una sciabolò la lingua di ciabatta fra le protesi e fu amore.

Laudomia

disse Gianpierfiliberto, da poco rientrato dal suo viaggio in Giappone, vieni con me sul tatami ?

Mio cavo, disse l'eterea fanciulla, sai che ti stimo, che ti ammivo, che pvovo affetto pev te, ma non ti amo, e fovse, ma solo fovse, potvei cambiave la mia visione delle cose a patto che tu faccia logopedia.

Sabato pomeriggio

Avevano passeggiato per il centro tutto il pomeriggio, non si tenevano più nemmeno per mano, guardavano le vetrine, facevano commenti stanchi, parole che rimbombavano nel vuoto della loro coppia, nonostante la confusione del sabato pomeriggio.

Erano fermi davanti ad una vetrina di gioielliere, lei guardava le cose luccicanti, gli anelli, e ripensava a quando lui era apparso con la piccola scatola di velluto blu che le aveva fermato il cuore. Tutto finito, ora c'era solo noia ed indifferenza.

Dai, disse lui, andiamo, si fa tardi

Non posso, non ce la faccio.

Ecco lei, sentiamo, hai un'improvvisa paresi ? Eh, o vorresti forse l'ennesimo brillocco da ostentare con le tue amiche e dire che te l'ha regalato quel deficiente del tuo fidanzato ?

Lei, come colpita da uno schiaffo, cominciò a piangere: ma che dici, ho bisogno del tuo aiuto , davvero, non ce la faccio, da sola non posso. Aiutami, ti prego.

Ah, non puoi ? Ma tu non eri la donna libera ed emancipata ? E ora vorresti commuovermi con le lacrime da servetta di un romanzo d'appendice ?
Nessun aiuto serve se non il tuo, non puoi usarmi come stampella per le tue nevrosi, per le tue debolezze, io che mi ero innamorato di te perché camminavi a testa alta verso il futuro.
Se ne avrò voglia, nei prossimi tre secoli, forse ti chiamo. Si girò e se ne andò.

Lei, senza parole, si chinò, e faticosamente tolse il tacco della scarpa che le si era incastrato nella griglia di aerazione davanti al negozio, e siccome nello sforzo il soprattacco se n'era andato, si allontanò con un suono di tip tap nelle luci della sera che illuminavano il suo viso rigato di lacrime.

Qual piuma al vento...


Mancava poco alla fine della sua giornata di lavoro. Il pensiero di lei lo perseguitava ormai sin dalla mattina, quando finalmente era arrivata a casa sua. Pregustava il momento del loro incontro romantico, poi la notte che avrebbe protetto come una morbida coperta il loro amore.
Quanto tempo l’aveva desiderata ed ora era finalmente arrivato il momento.

Con il fiato corto salì le scale ed aprì la porta. Entrò in casa e si diresse subito in camera da letto. Lei era stesa ad attenderlo… Soffice e sinuosa con la bocca leggermente aperta e lasciva. Era bella oltre ogni pensiero, le curve morbide del corpo perfetto e liscio si intravedevano dal lenzuolo leopardato che la copriva appena.
Lui ebbe un’erezione tremenda, quasi dolorosa, e deglutì anche le ultime parole che gli erano rimaste in bocca.
Si spogliò lentamente. L’accarezzò in ogni sua recondita intimità con le mani brulicanti e la baciò con la lingua avida. Poi fu in lei e tutto si consumò nel silenzio, il loro amore non aveva bisogno di parole.

La luce rossa dell’abat-jour tingeva del color del tramonto i corpi degli amanti e i mobili della stanza.
Egli faceva l’amore con un’intensità mai provata prima e la sua mente fu ottenebrata dall’estasi. I movimenti delle sue pelvi si fecero frenetici.
La dolce dama gonfia di tanta mascolinità assorbiva in se la forza dirompente di questa passione virile.

Poi accadde: Pam! Stfffff....
Un rumore molesto e inaspettato bucò questo momento di magia. La sua venere gli sfuggì da sotto l’abbraccio appassionato e cominciò a roteare velocissima per la stanza.

II destino beffardo e invidioso del loro amore trovò nella finestra semiaperta un complice crudele.
La bambola gonfiabile uscì da quel pertugio con un sibilo sinistro e volò via sopra i tetti di questa città indifferente.

Solo una lacrima calda e salata scese lungo il viso attonito di lui come epitaffio di amor perduto.

domenica 5 ottobre 2008

Spartano

" Un culo a te...uno a me...un culo a te...uno a me...un culo a te...uno a me...."

mercoledì 1 ottobre 2008

Il Rito Genovese della Loggia Scozzese parte I


La notte era senza luna e senza stelle come si dice siano le notti adatte per i Sabba.
Il bar Ottolina in via Tito Milvio era deserto. Forse perché era il suo giorno di chiusura o forse perché era stato prescelto dalla confraternita come sede del rito e il Fato era sempre benigno con i membri della setta.
La società segreta “I cugini de Ball” era molto attenta alla scelta delle sedi per la liturgia iniziatica.
Solo un bar Ottolina o in subordine una Bocciofila di periferia potevano avere i crismi geomantici necessari alla bisogna.
Dopo attento vaglio era stata scelta questa sede per la messa più importante, ovvero l’ingresso di una nuova adepta.

Con fare circospetto a bordo della sua Ape 50 amaranto tempestata di opali, il Gran Sacerdote Haemo Royd aspettava nervoso stringendo con le sue mani grandi il manubrio del Motopiaggio.
Intanto il suo vice-vice assistente Jean du Yacht stava cercando di forzare la saracinesca ormai da circa venti minuti senza successo.
“Belin, ma quanto ci mette quel bradipo sedato?”, disse il Gran Muftì rivolto al suo primo ciambellano seduto al suo fianco nel veicolo.
Visir, nel suo abito da Batman, calmo e silente viveva un momento di raccoglimento catartico.
Le sue energie erano concentrate ad evitare la devastante flatulenza che aveva in “canna” e con cui lottava da una buona mezz’ora per evitare che detonasse.
“Pazienza, o Sommo, sapete com’è…il vice-vice Ciambellano e svelto di lingua, ma tardo di mano”.
“Umpf!”, sbottò il Semprecalmo guardandosi nello specchietto retrovisore e aggiustandosi il Turbante Sultanato con il vistoso rubino (falso) nel centro insieme a una piuma (vera) di pavone che adornava il copricapo simbolo del suo potere.

Il fragore nella notte avvisò i cospiratori che la barriera era stata finalmente forzata.

All’interno del locale li accolse un odore stagnante di superalcolici e gazzosa mista a un'effluvio di brioches scadute.

“Jean ancora un po’ e facevamo mattina”, disse Haemo con il suo tono cantilenante, ma avvolgente.
“Quella puttanazza di una schifosissima saracinesca non voleva cedere”, disse il sempreducato Jean, dondolando sui piedi imbarazzato e ricomponendo il giustaccuore del suo vestito Louis XIV azzurrino in sapiente abbinamento cromatico con i pantaloni alla zuava zebrati.

In fondo era l’unico del gruppo che aveva seguito il corso per corrispondenza della Scuola Radio Elettra: “Scasso e furto facile in dieci lezioni”. Il problema era che siccome nessuno aveva pagato le rate il corso si era interrotto alla seconda dispensa...ma questi erano dettagli irrilevanti.

“Dov’è il Visir, dove sono Porporina e Bluvelvet e l’iniziata non c’è ancora?”, ruggì il Profondo, chiamando a raccolta i suoi prodi come Leonida alle Termopili gli spartani, ma intorno a lui c’era solo il vuoto.
Jean appolaiato sul bancone era intento a scofanarsi le brioches del bar e bere a garganella Jack Daniel’s, Visir era in bagno a disincagliarsi dalla cintura lancia dardi di Batman per fare un varco ai vapori che avevano gonfiato enormemente il suo costume.

Un sospiro uscito da sotto i baffi alla Magnum P.I. del grande figlio di Ippocrate e uno sguardo verso il soffitto furono gli unici segni rivelatori del suo disappunto.

Improvvisamente all'esterno si udì un rombo di ciclomotore smarmittato e uno stridire di freni stile "fast and furiors".

Erano arrivate le "ragazze", pensò il Semidivino e si sistemò la veste leopardata che sfiorava l'impiantito slanciando (per quanto possibile) la sua figura ieratica.

Continua...

Il rito Genovese della Loggia Scozzese Parte II


All’interno del Tabernacolo Ottolina ferveva il fermento.

“Jean, vacca troia sistema l’altare per il rito, almeno!”, disse il Gran Sacerdote Royd con un ringhio molossoide.
Con la bocca ancora piena di brioches avariate il buon vice-vice Ciambellano scese malvolentieri dal bancone e cominciò ad apprestare nella sala biliardo i paludamenti sacri.
“Visir!”, chiamò Haemo a se il fido Primo Ciambellano.
“Yawoll!”, disse l’uomo pipistrello aprendo le falde del grande mantello nero e calandosi dal soffitto dove era appena levitato.
“Pensa ad istruire l’Iniziata…Mi raccomando: PRECISIONE.”, scandì lentamente l’ultima parola, il Sommo, per essere certo che tutto funzionasse a dovere.
“Ed apri la finestra…non capisco come in questo bar, specie in questo angolo, ci sia una puzza indescrivibile”.
“Ri-yawoll!”, aderì Visir che conosceva le lingue straniere in maniera approssimativa.

Le candele furono disposte a pentacolo, il biliardo fu ricoperto dalla sacra coperta patchwork, dono della nonna di Haemo e adorna nel centro del vistoso emblema della Loggia: un barboncino con la lingua penzoloni che tenta una copula impossibile su uno dei bracci di un grande compasso.

La luce era fioca a causa delle candele di sego prese al discount da quel “genovese” di Jean du Yacht che facevano poca luce. Solo il neon dell'ingresso funzionava, così il volenteroso vice-vice tentò di accendere tutte le luci attivando l’impianto elettrico, ma causò invece un corto circuito mostruoso.

“Belan la madama! Prima le donne poi i bambini”, gridò Royd, sorpreso dal buio inaspettato e immaginando un blitz delle teste di cuoio.
Comparve invece Jean con una candela in mano, ma tutto bruciacchiato. Aleggiava un curioso vapore azzurrino intorno alla parrucca bianca da cicisbeo che indossava nelle grandi adunanze, quindi disse: “L’impianto elettrico è andato! Celebreremo nell’ombra”.

Solo il pensiero delle vestali che stavano per fare il loro ingresso nell’abside lenì il disappunto del grandissimo figlio di Ippocrate che, inspiegabilmente, storse leggermente il naso appena fu affiancato dal fido Visir nel suo abito da supereroe ormai quasi sgonfio.

Questo quadro che per maestosità ricordava un dipinto di Velasquez, presentò i tre figuranti agli occhi delle due vestali e della novizia che entrarono in pompa magna (scusate la parola).


Continua...

Il rito Genovese della Loggia Scozzese -Ultima Parte-


Il trio Virago, così denominato amabilmente dai membri maschili della confraternita esoterica fece il suo ingresso nel Tempio già perfettamente allestito.

Bluvelvet in abito tradizionale tirolese da pastorella con pecora impagliata al seguito.
Porporina con un vestito seicentesco, modello “Pompadur”, di tafetà rosa antico e un neo finto a forma di cuore sulla gota sinistra.
Da ultimo, la novizia Pipoca, in gonna scampanata, scarpe basse e golfino aderente da ballerina di rock acrobatico, perfetta riproduzione di teen-ager anni 50’.

Jean du Yacht deglutì rumorosamente, forse alla vista delle splendide dame o forse per le brioches non ancora perfettamente masticate che gli occludevano l’ugola.
Il sempre concentrato Visir accese il suo Mp3 collegato all’impianto Hi-Fi della sua cintura multiuso e diffuse nei locali una musica avvolgente: l’adagio di Albinoni cantato dagli Abba versione live, quasi introvabile.

Il grande Taumaturgo Haemo Royd apri le braccia in un inequivocabile gesto benedicente.
Vennero così eiettati petali di rosa dal suo dispenser portatile sistemato nella fascia infrascapolare a mo' di zainetto.

La tensione era palpabile come avrebbe potuto dire un maniaco sull’autobus.

La supplice adepta Pipoca si inchinò con leggiadria verso i compagni e fu raggiunta dal Ciambellano Visir per essere accompagnata all’altare nella stanza rituale.
Visir, non molto pratico del vestito di Batman che aveva preso in prestito dal suo vicino di casa (noto pervertito), inciampò nel mantello e avanzò a testa bassa di alcuni passi scomposti verso la danzatrice di Boggy-woggy.
Colpì la poveretta con una “craniata” proprio sulla fronte che la fece stramazzare a terra a gambe all’aria in un volteggio degno della Comaneci.
“Cominciamo bene”, fu il commento lapidario della sagace Porporina.

Il Lenitivo Royd sollevando le maniche in un gesto che gli era congeniale disse: “Fate largo sono un medico…Opererò immantinente”, poi rivolto a Jean du Yacht continuò, “il bisturi e il divaricatore, presto!...La stiamo perdendo”.
Per fortuna, la giovane allieva si riprese quasi subito evitando così una tracheotomia lampo che era una delle specialità, insieme alle cozze marinate, del Grande Vate della chirurgia.

La messa continuò quindi dopo questo piccolo disguido con le frasi di rito.

Haemo leggeva dal sacro libro della Loggia recitando le frasi dal sapor antico ed oscuro che si srotolavano sul pavimento come un rosario blasfemo.
Gli occhi di brace, la voce cavernosa, il viso ispirato, davano alla figura un patos immenso.
Non si era avveduto, il grande sacerdote, pregno dell’estasi, che la candela sorretta dal vice-vice Ciambellano Jean era pericolosamente vicina al suo turbante che aveva cominciato a prender fuoco proprio dalla piuma di pavone che campeggiava sulla sua fronte.

Visir tentò di avvisarlo con piccoli colpi di tosse, ma il Sommo lo zittì con uno sguardo severo.

Gli eventi degenerarono in pochi istanti.

Il fumo invase la stanza.
Dimentico di tutto il Semidivino Royd gridò: “Chi cazzo si fa le canne durante il rito?”, poi guardò inquisitore l'ignaro Jean du Yacht che cercò di indicargli con l'indice teso le fiamme, ma inutilmente.
Il captativo Visir, estrasse da una tasca segreta del costume di Batman un mini-estintore al protossido di Azoto e diresse un getto criogenico contro il fuoco, ma nella concitazione riuscì solo a congelare il dito al povero Jean Du Yacht che emise un barrito terrificante.
Bluvelvet e Porporina cominciarono a gridare forse per suggestione ipnotica, forse semplicemente si erano rotte le palle di questo casino e volevano andare a casa, anche perchè l'indomani ci sarebbero stati i saldi e bisognava svegliarsi presto.
L’Adepta si alzò dal biliardo votivo sul quale era distesa e disse: “Io chiamo il 112, anzi me ne vado con le mie gambe finche sono in tempo”, indi ratta fuggi dalla saracinesca divelta.

Il buon Royd con il turbante ormai preda del fuoco capì che forse aveva ingiustamente incolpato il suo vice-vice di fumare in sua presenza senza “passare” e prima di bruciare come un Bonzo vietnamita, roteò su se stesso alla maniera di un Derviscio in una disperata danza Sufi che spense, giusto a tempo, il suo cervello.
La tragedia però incombeva.

L’ululato della sirena che si udì in lontananza riportò la concentrazione per un attimo nel famigerato gruppo.
“LaPulaCazzoPuttanaTroiaLuridaBagasciaImpestata!”, disse il sempre educato Jean cercando di scaldare con il fiato il dito congelato e simile ad un Calippo.

“Via, via”, disse Porporina che era già in strada e aveva accesso il suo motorino: “Lotar”.
Accelerava nella notte nella attesa di Bluvelvet, la quale saltò al volo atterrando con un certo impeto sul sellino e facendo impennare il ciclomotore che partì come razzo nel cielo, pareva una V2 tedesca diretta su Londra.
I tre bischeri ormai nella confusione totale salirono alla bella meglio sull’Ape 50. Solo il cicisbeo Jean non trovò posto all’interno e dovette accontentarsi del cassonetto.
La fuoriserie rapida come una lumaca con l'artrosi si dileguò alla vista delle luci blu della forza pubblica.

La “Gazzella” dei Carabinieri si fermo con uno stridere di freni e scesero i due militari con le armi spianate.
I due prodi tutori dell’Ordine si guardarono in faccia perplessi.

“Brigadiè”, esordì l’appuntato Esposito Lo Cascio al capopattuglia Rotunno Romolè.
“Stò a pazzià o agge visto nu cicisbeo du setteciento cou’na parrucca da frocio in'goppa a n'Ape Piaggio tempestata te pietra preziuse?”
“Appuntà…io agge visto Batman assieme a uno co’u tubante, preciso allo mio medico della mutua, che guidava chilla fetenzia du motocarro”
“Veramenta?”, disse Lo Cascio.
“Faciteme o piacere!”, rispose Rotunno con le mani congiunte e aggiunse: “Simmo vittime du mobbing…Appuntà, o'mobbing fa pazzià, o’sapete?”.
“O’sape, o’sape”, concluse l’appuntato rassegnato.

Poi decisero di entrare nel bar oggetto di effrazione e stilare il rapporto.
Nella comunicazione all’Autorità Giudiziaria fu omesso naturalmente ogni riferimento ai fuggitivi.
Le indagini portarono invece all'arresto della pecora impagliata sorpresa sul luogo del reato. Dopo la condanna esemplare, l'animale fu tradotto presso il penitenziaro cittadino e, forse complice la convivenza coatta, si dice sia divenuto l'amante di un noto Boss dei Caruggi anch'egli detenuto, ma questa naturalmente è un'altra storia.
Della conserteria invece non se ne seppe più nulla di certo anche se pare continui in gran segreto la sua opera munifica.
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Fine.