domenica 21 dicembre 2008

Liposuzione

Aveva venduto la macchina, tanto lo scooter le bastava, aveva venduto l'anello del finito fidanzamento, aveva svenduto una serie di inutili aggeggi, ma ce l'aveva fatta, i soldi per la liposuzione era lì, comprensivi di degenza e tutti le possibili aggiunte.

Era stata chiara col chirurgo di grido: aspiri tutta quella maledetta cellulite, mi faccia due coscine come non le avevo nemmeno da ragazzina, mi spiani la pancia come fosse la pianura padana, e so che la mia vita sarà, finalmente felice.

L'intervento fu lungo, ma tutto andò per il meglio. Si vegliò tutta bendata e dolente, ma il personale, professionale fino quasi al ridicolo continuamente controllava che il decorso fosse regolare, ed il luminare della chirurgia estetica passava a trovarla e le diceva che dimostrava, anche così impacchettata, tanti anni e tante taglie di meno.

Arrivò il grande giorno. Si alzò, e piano piano cominciò a togliere le bende, ad occhi chiusi, affinché il suo nuovo corpo le apparisse come una visione.

Le ginocchia erano finalmente magre, poteva tenere le gambe vicine senza la ciccia che l'aveva accompagnata per decenni. Sbendò piano piano, ogni tanto socchiudendo gli occhi quasi per ingannarsi e vedere in anteprima la bellissima donna che era diventata.

Il ventre piatto quasi le fece paura, sembrava un'indossatrice, mai avrebbe creduto che uno specchio potesse rimandarle una simile immagine di perfezione. Era ormai alla fine, tolse le ultime bende e.....ODDIOOOOOOOOOOOOOOOOO urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
AIUTOOOOOOOOOOOOOOOOO e si attaccò al campanello della camera.

Due infermieri entrarono di corsa in camera, mentre lei tremando urlava: - le tette, le tette, dove sono le tette ? Eh ? Erano qui, prima di entrare in sala operatoria.
Due pallini rossi, i capezzoli, erano lì al centro di quel torace piatto, a testimoniare, quasi come una boa nel mare, dove si trovava una volta il bel seno della donna.


L'infermiera l'afferrò delicatamente per le spalle e la fece girare.
Due rigonfi sulla schiena le confermarono la terribile ipotesi. In silenzio uscì dalla stanza e chiamò il chirurgo dal telefono dell'infermeria:
- Dottore, glielo avevo detto che quella macchina nuova era troppo potente, le abbiamo risucchiato le tette all'indietro, ora le tocca fare un intervento col silicone a spese nostre, non abbiamo altra scelta, e riattaccò.

sabato 20 dicembre 2008

Racconto di Natale

L'angelo, come ogni anno, era stato messo sulla capanna, con l'aureola appesa ad un chiodino piantato sul tetto della capanna.
Reggeva fra le braccia il cartiglio con la scritta "Gloria" ed aveva le ali spiegate.
Ma il suo viso non era sorridente; anzi, era decisamente imbronciato, e come ogni anno i pastori che si avviavano verso la capanna non mancavano di notarlo.
Guardalo, roba da vergognarsi, ha una posizione privilegiata, tutti sanno chi è eppure ha sempre quel viso a mal di corpo.

La vecchina che filava, poco distante, cercando di calmare le acque diceva che forse il poveretto aveva male alle braccia, sempre in quella posizione, sempre con le braccia stese, senza potersi muovere, e lei ne sapeva qualcosa, visto che era di cartapesta e proveniva da un presepe dei nonni dell'attuale proprietaria.

Macché, disse un pastore giovane, di plastica, un po' troppo alto rispetto agli altri personaggi, e che tanto si vantava della pecorella che teneva sulle spalle: lo so io perché è così, io leggo, mi informo, ascolto. Lui è così perché è un interinale, sa già che il 6 gennaio lo licenziano, e per tutto l'anno non troverà di certo nessun altro ingaggio.

No, no, disse il fornaio intento a sfornare panini di gesso da uno scintillante forno illuminato da una lampadina.
la verità, cari miei, è che c'è crisi dappertutto, e con tutto quello che succede gli girano anche a loro.

Il vasaio che attraversava il ponte si girò di scatto, pronto a rispondere e ad intavolare una discussione sul sesso degli angeli, che in quanto privi non potevano avere giramenti, ma poi pensò che era meglio guardare avanti e non perdere la strada, che era ancora lunga e piena di pericoli, specie quando quel diabolico gatto non entrava lì dentro e come prima cosa lo buttava di sotto.

L'angelo ascoltava tutte quelle chiacchiere senza costrutto, e facendo l'indifferente sbatté un po' le ali per sgranchirsele. Il chiodino che lo reggeva cedette e per la seconda volta quella settimana cadde di sotto, proprio sul muso del bue, che compreso nel suo ruolo cominciò ad alitargli addosso, visto che la mangiatoia sarebbe stata messa solo la notte di Natale.

Ci risiamo, disse, e poi dicono che le feste mettono tristezza, devo ancora decidere se preferisco stare 11 mesi in cantina incartato o un mese a farmi raccattare e riappendere, fino alla prossima caduta.
Una lacrima gli scivolò lungo la guancia rosa e cadde sul muschio.

giovedì 11 dicembre 2008

Vacanze

Durante le sue vacanze ad Anguilla conobbe un'indigena, fu colpo di fulmine ma al primo abbraccio lei schizzò via.

giovedì 4 dicembre 2008

Istantanee in bianco e nero

Il bar all'angolo era solo un pò pieno di gente.
Mentre bevevo il mio solito caffè vidi la vecchina vicino al banco.
Poi lei si girò e "attaccò bottone" con un paio di avventori che frettolosi aspettavano di uscire.
Il commento del signore alla mie spalle che stava parlando con un suo amico mi arrrivò nitido alle orecchie.
"Trentanni fa era ancora una bella donna, frequentava il bar dall'altra parte delle piazza, si dice che dopo la morte del marito, facesse la vita".
La guardai con attenzione dopo questa scabrosa rivelazione.

Casualmente ci trovammo in fila alla cassa.
Era piccola, come se gli anni vissuti l'avessero consumata, i capelli tinti di nero e cotonati insieme alle unghie smaltate di rosso erano le utime sue maschere contro il tempo.

"Pago un caffè d'orzo e una brioches", disse con quel vocino.
Non so perchè, ma mi si strinse il cuore.
Per un attimo setii la solitudine che solo chi ha vissuto molto sa sopportare.

Questo pensiero mi graffiò l'anima, e un velo di tristezza appannò i miei occhi.
Per un attimo mi parve di aver portato il suo peso.

Uscii, l'aria era fredda nella sera "incombembente".
Vidi le luminarie e pensai: "Fra poco è Natale".
Allungai il passo come per fuggire da ciò che avevo solo intravisto.

Delirix


L’autobus non arrivava. Pareva una giornata in cui il mondo aveva deciso che gli autobus non erano stati ancora inventati.
Faceva anche freddo. Un freddo umido e pungente nello stesso tempo, quello che entra nelle ossa e poi non se va più. Scende fino al cuore, fino alle palle e te le stringe forte, senza amore.

Ero solo. Forse perché era ancora mattina presto, forse perché gli altri semplicemente stavano in casa oppure si erano tutti messi d’accordo di farmi uno scherzo.
Insomma, ero lì.
Improvvisamente mi giro e lo vedo.

Un coniglio.
C’era un coniglio vicino a me, ma mica un coniglio normale, un coniglio alto quasi due metri, ritto sulle gambe posteriori e dritto come un corazziere.
Il pelo poi: viola flou.
"Strano", penso, "Chissà cosa vuole? "
Poi il coniglio mi guarda, fa un cenno con la testa e mi saluta.
Alzo il mento e ricambio il saluto, sono uno educato...Io.

“Andrà tutto bene”, mi dice con una bella voce allegra.
“Scusa?”, domando.
“Andrà tutto bene, basta che smetti di fumare e andrà tutto bene”, ripete il grosso animale flou.
“Ma io non fumo”, rispondo.
“Appunto”, mi dice convinto.
“Ah! Ecco”, concludo guardando la strada deserta.

Due minuti passano silenziosi, ma l’autobus naturalmente non arriva. Non si vede neanche in fondo alla via, figuriamoci se arriva.

Decido di far conversazione, così, per ingannare il tempo.
"Ingannare il tempo", ma se è lui che inganna noi continuamente.
Ok, ok, fa troppo freddo per una riflessione filosofica, meglio fare due chiacchiere.

Io-Chi sei?
…-“Sono un animale totemico, un Puka”
Io-“Ah! Io invece lavoro alle Poste”
Puka-“Lo so”.
Io-“Davvero?”
Puka-“Certo, ci lavoro anche io”
Io-“Non ti ho mai visto”
Puka-“Perché sono dentro di te, ecco perché”
Io-“Ah! Ecco”.

Trascorrono altri due minuti, dove ogni tanto batto i piedi a terra per scaldarmi e soffio una nuvola di alito sulle mani ghiacciate.
Decido: riprendo la conversazione, tanto dell’autobus neanche l’ombra.

Io-“In che senso dentro di me?”
Puka- “Sono uno dei tuoi sensi di colpa”
Io- “Non capisco?”
Puka- “Neanche io, ecco perché sono uscito a incontrarti”
Io- “Ah! Ecco”.

Comincia a piovere, una pioggia fine, fine, quasi nebulizzata. Ci spostiamo entrambi sotto il balcone vicino alla fermata per ripararci. Il coniglio si accende una sigaretta, poi sbuffa una nuvoletta azzurra che colora questo paesaggio atono.

Puka- “Ne vuoi una?”
Io- “Ma si... Dai”
Puka- “Ti piacciono le Marlboro?”
Io- “Buone”
Mi accende la "bionda" che aspiro voluttuosamente.

Puka- “Vabbè si è fatta una certa ora, mi sa che vado”
Io- “Ciao”
Puka- “Ci si vede”
Io- “Alla prossima, sai dove trovarmi”

Intanto che fumo lo vedo allontanarsi con quella sua andatura strana, con il codino viola che dondola come un pendolo.
Noto con stupore che ha già smesso di piovere.
Fianalmente, in fondo alla strada arranca l’autobus verso di me.

“Cazzo! Smetto di fumare un altro giorno”, dico a me stesso, mentre salgo e con nostalgia lancio il mozzicone lontano.

mercoledì 3 dicembre 2008

Angolo (ottuso) culturale

Pedestremente copiato da Wikipedia ecco alcune curiosità a proposito della Capodanno nel mondo; Da cui si evince che con opportune conversioni di fede, volendo, si può festeggiare tutto l'anno.


Secondo il calendario cinese il Capodanno (o Festa di Primavera) si festeggia il giorno della seconda luna piena dopo il solstizio d'inverno boreale (21 dicembre), che cade in un periodo variabile tra il 21 gennaio ed il 21 febbraio. Quest'anno (2008) è caduto il 7 febbraio.
Il Capodanno vietnamita, il Tết Nguyên Đán, si festeggia in concomitanza a quello cinese.
Il Capodanno islamico si festeggia il primo giorno del mese di Muharram e può corrispondere a qualsiasi periodo dell'anno gregoriano, in quanto l'anno lunare impiegato nel calendario islamico è circa 11 giorni più breve dell'anno solare del calendario gregoriano, cosicché una data islamica si "sposta" indietro, rispetto al calendario gregoriano, di circa un mese ogni tre anni. Nel corso dell'anno gregoriano 2008 cascano due diversi Capodanni islamici: quello dell'anno 1429 dell'Egira (corrispondente al 10 gennaio 2008) e quello dell'anno 1430 dell'Egira (corrispondente al 28 dicembre 2008).
Losar, il capodanno tibetano, cade tra gennaio e marzo.
In Iran il Norouz coincide con l'equinozio primaverile (21 marzo). Anche il Naw-Ruz della fede bahá'í condivide lo stesso giorno.
La festa telegu (Ugadi) si colloca tra i mesi di marzo ed aprile.
In Thailandia, Cambogia, Birmania e Bengal, il capodanno solare detto Songran è invece compreso tra il 13 aprile ed il 15 dello stesso mese, in occasione del cambiamento di posizione del sole nell'anello dello zodiaco.
La festa mapuche si chiama invece We Tripantu ed ha luogo il 24 giugno. La data coincide con il Capodanno inca (Inti Raymi).
Il Rosh haShana, il Capodanno ebraico, occorre generalmente nel mese di settembre.
Enkutatash è il Capodanno etiopico, in data 11 settembre.
L'anno nuovo indù si festeggia due giorni prima il Diwali, cioè a metà novembre.

Hai-ku di S. Silvestro


TUTTI GLI STRONZI
ALLA FINE DELL'ANO
ESCONO FUORI

lunedì 1 dicembre 2008

Oriente

Selima stava ricamando a punto mezzaluna quando:" Selima, cammella della mia oasi, potresti farmi un narghilè" disse Aziz.
" Cià tira fora il dattero" rispose lei frettolosa, aveva nostalgia della Lombardia.

Sfogo di Natale

Durante un mio viaggio in Islanda, alcuni anni or sono, ho avuto l’occasione di fare amicizia con un uomo di una certa età, molto simpatico e laborioso.
Inaspettatamente nell’approssimarsi delle feste natalizie ho ricevuto una sua lettera molto toccante. Di seguito vi riporto ciò che mi ha scritto.

Caro Visir,
Quando muore il bambino che è dentro di noi è il momento che cominciamo ad invecchiare.

Negli ultimi tempi nella mia vita si è insinuato come ospite ingombrante e molesto, ma soprattutto non invitato, la depressione, almeno credo si possa definire così.
Una sensazione nera e pesante di tristezza infinita che mi aggredisce improvvisamente, specialmente la sera dopo il lavoro, quando rientro a casa.

Sono lì, bello come il sole, che guido la mia auto nel traffico della città, illuminata e frettolosa, nella lontana nord Europa, con il mio bel vestitino alla moda, il portafoglio di Gucci in tasca con dentro un bel carico di euro (non sono ricco ma lavoro molto, specie sotto le feste, e quindi guadagno di conseguenza); Ebbene dicevo, mi muovo in questa auto silenziosa in mezzo al frastuono della metropoli ed ecco... Sgomento mi sembra che tutto si sgretoli davanti ai miei occhi che si velano di tristezza.
Una sorta di affresco che si scioglie via dalla parete rivelando un’informe macchia grigia… Il mostro.

Minchia!

Le ho provate di tutte, tutte parimenti sbagliate.

Ho iniziato una cura a base di cocktail al pub e nei locali alla moda con gli amici, alla fine, tornato a casa, ho rimediato solo uno specchietto retrovisore rotto (guidare ubriaco non è facile) e uno spavento che mi ha ridotto il culo a spillo, ad ogni luce blu incontrata sul tragitto verso casa.

Al solo pensiero di un controllo di etilometro della polizia, mi viene da pensare a cosa avrei inventato...Dalle mie parti come sai sono abbastanza conosciuto.
Comunque fino ad ora l’ho sfangata, ma l’ho pagata al risveglio il giorno dopo, con un fegato mezzo distrutto e un mal di testa pulsante come un sonar di un sottomarino russo.
Dopo una settimana di questa vita ero uno straccio anzi un “mocio Vileda”.

A parte la patente che i “signori tutori dell’ordine” mi avrebbero giustamente bruciato davanti agli occhi al solo risultato del test dell’alcol, non ho trovato conveniente pagare trenta minuti di spensieratezza con 15 ore di malessere generale che mi hanno ridotto ad un’ameba, quindi ho mollato l’alcol.
Le sigarette le ho mollate da un po’, sono dunque sulla strada della beatificazione?
Purtroppo no, o meglio, per fortuna no.

Scartata a piè pari questa soluzione alcolica, ho deciso di affrontare “il male oscuro” con un antidepressivo illegale di origine sudamericana che, con parsimoniosa somministrazione, mi sembra aiutare il mio spirito fiacco e mi fa passare la sera alla meno peggio.
Non esagero perché altrimenti non dormo più, diciamo lo, o la uso “cum grano salis”.
Tu ci credi, Visir? Io No.
Inutile dirti che anche se ho smesso di fumare e di bere, la mia faccia non migliora con simili stravizi ed ho il sospetto (ahimè più che un sospetto una prova certa) che anche il mio sistema nervoso abbia solo un momentaneo e apparente ritorno alla giocosità.
Subito dopo mi vedo ripiombare nel pozzo artesiano della mia sconfinata “depression”, come amabilmente mi piace chiamarla, un po’ all’inglese che così mi sembra meno schifa.

Quindi stò sempre peggio e in più sono anche nervoso (prima almeno ero solo depresso), quindi incazzato e tristo, che coppia!

Ecco che calo l’asso di bastoni, vedo se riesco a vincere se non la partita almeno la mano.
Allora provo con il sesso così, amico caro, mi sono messo d’impegno a sedurre. Dicono che gli uomini con i capelli bianchi abbiano fascino: speriamo!
Alla fine ne trovo una che mi piace, con cui sto bene assieme, con cui rido e scherzo (urca! Penso c’è l’ho fatta) niente, torno a casa e sono più triste di prima. Giunto il momento, finalmente, della copula agognata non mi funziona Exalibur: la spada resta nella roccia invece che nella gnocca.
Io che sono stato sempre un bestione…niente. Sembro il titolo di un film di fantascienza: “La zona morta”.
Una Caporetto, ragazzo mio, manco la bandiera resta alta.
Affondo con il Titanic? Mi butto su una scialuppa? Imparo a nuotare nelle acque gelide? Faccio come Hemingway mi sparo?
Il ventaglio di possibilità si apre rapido come maneggiato da una geisha.

Mi interrogo giustamente sulla normalità, sono normale?

Già…la normalità, “l’irreprensibile” normalità!

Normalmente alti, normalmente vestiti bene, normalmente felici, normalmente morti…che significa normalità? Domandarselo è già un chiaro indizio di non esserlo.
L’uomo normale non si domanda: è così, di “default” (sempre citando gli Anglosassoni).

Allora io che sono?
Un gnappo bastardo? Anzi un Babbo Bastardo, perché arriva la neve (cazzo la neve), che mi anticipa che sta per giungere alfine il Santo Natale, è il tempo che inizi i preparativi per il mio viaggio.

Ecco che a giorni arriverà il momento del mio massimo impegno lavorativo, dovrò fare le solite consegne, con quel vestito ridicolo tutto rosso che mi tocca indossare per contratto, con quegli orribili risvolti di pelliccia bianca, ma oggi, per oggi ancora, posso andare in giro vestito da “persona normale”.
Sornione, guardo le case degli uomini illuminate sotto la neve (ancora quella, ma è un’ossessione!) e sospiro (inalo?), penso che fra poco mi toccherà cominciare il mio giro.
Quest’anno però: “revolution”, sarò un Babbo Bastardo, te l'ho già detto? Mi pare di si.

Non porterò doni quest’anno, ma ne toglierò, eh si! Toglierò via ogni cosa: oggetti, pensieri, illusioni, soprattutto da me stesso e solo allora, forse, il bambino che è in me vivrà ancora una notte di stelle… Magari una sola, ma piena di antica magia.

Auguri a te e a tutti,

S. Klaus


P.S. Ti allego foto recente.