martedì 23 settembre 2008

Una serata perfetta

La cena sulla terrazza dell' Hotel Kraft era stata perfetta.

Perfetta la luna piena che illuminava la città, che romantica si dispiegava ai loro piedi. La cupola del Duomo, il campanile di Giotto, la torre di Palazzo Vecchio.
Un po' di vento le scompigliò i capelli, ed un brivido di freddo la attraversò, ma lui, premuroso, le mise la sua giacca sulle spalle, e sfiorandole la punta delle dita le disse: - ora va meglio, mia fata ?

Pagò il conto, prese il bouquet con cui l'aveva accolta in auto quando era andata a prenderla e cingendole teneramente le spalle si avviarono verso l'ascensore.
Fecero il tragitto verso casa parlando di cose futili, quasi a voler rimandare il distacco che li stava aspettando lì, sul portone di casa di lei.

Accostò al marciapiede, spense il motore, e guardandola negli occhi la strinse a sé e la baciò, teneramente, con trasporto, con una passione che si percepiva fortissima all'intero dell'abitacolo.

-Ora devo andare, disse lei. E' stata una serata meravigliosa, ma non riusciva a staccarsi da lui, dal suo profumo, dal suo abbraccio.

Ancora un altro bacio e poi aprì la portiera. Poi, quasi indugiando gli disse:
Walter, io credo amarti.

CAZZI TUOI, rispose lui, sbatté la portiera e sgommando ripartì nel buio della notte estiva.

4 commenti:

Visir ha detto...

Apparenza e sostanza spesso non coincidono. Questo finale, molto Zen, direi ha diverse chiavi di lettura.
La prima disillusoria: tutto è vanità.
La seconda nichilista: l'altro resterà sempre un'incognita.
La terza surreale: "Il mio cazzo è tuo", dice l'uomo. Quale tributo di fedeltà mascolina alla bellezza femminile può essere più grande?
Infine penso che il coraggio dei sentimenti getta una luce che libera la notte dalle ombre e dal suo mistero: felice o disperato che sia.
Scusa, ma ora devo proprio sgommare.

Porporina ha detto...

Mio turbantato amico, il terzo finale, forse lieto fine, è inapplicabile, quandanche il più auspicabile, in quanto il Walter in questione (niente a che vedere con Veltroni) è dotato, come tutti gli uomini di una sola attrezzatura di riproduzione e svago, e quindi, il plurale che lui ha usato nel salutarla non era certo riferito alla proprietà di essi, ma alla comune definizione che si da ai problemi che uno si trova a risolvere da solo.

Visir ha detto...

Pensavo ad una particolare forma di plurale maiestatico.

Se così non fosse opterei in sostituzione con una citazione: "La risposta è dentro di te...ma è quella sbagliata".

Quelo (filosofo contemporaneo)

Pipoca ha detto...

Era impotente?