mercoledì 1 ottobre 2008

Il rito Genovese della Loggia Scozzese Parte II


All’interno del Tabernacolo Ottolina ferveva il fermento.

“Jean, vacca troia sistema l’altare per il rito, almeno!”, disse il Gran Sacerdote Royd con un ringhio molossoide.
Con la bocca ancora piena di brioches avariate il buon vice-vice Ciambellano scese malvolentieri dal bancone e cominciò ad apprestare nella sala biliardo i paludamenti sacri.
“Visir!”, chiamò Haemo a se il fido Primo Ciambellano.
“Yawoll!”, disse l’uomo pipistrello aprendo le falde del grande mantello nero e calandosi dal soffitto dove era appena levitato.
“Pensa ad istruire l’Iniziata…Mi raccomando: PRECISIONE.”, scandì lentamente l’ultima parola, il Sommo, per essere certo che tutto funzionasse a dovere.
“Ed apri la finestra…non capisco come in questo bar, specie in questo angolo, ci sia una puzza indescrivibile”.
“Ri-yawoll!”, aderì Visir che conosceva le lingue straniere in maniera approssimativa.

Le candele furono disposte a pentacolo, il biliardo fu ricoperto dalla sacra coperta patchwork, dono della nonna di Haemo e adorna nel centro del vistoso emblema della Loggia: un barboncino con la lingua penzoloni che tenta una copula impossibile su uno dei bracci di un grande compasso.

La luce era fioca a causa delle candele di sego prese al discount da quel “genovese” di Jean du Yacht che facevano poca luce. Solo il neon dell'ingresso funzionava, così il volenteroso vice-vice tentò di accendere tutte le luci attivando l’impianto elettrico, ma causò invece un corto circuito mostruoso.

“Belan la madama! Prima le donne poi i bambini”, gridò Royd, sorpreso dal buio inaspettato e immaginando un blitz delle teste di cuoio.
Comparve invece Jean con una candela in mano, ma tutto bruciacchiato. Aleggiava un curioso vapore azzurrino intorno alla parrucca bianca da cicisbeo che indossava nelle grandi adunanze, quindi disse: “L’impianto elettrico è andato! Celebreremo nell’ombra”.

Solo il pensiero delle vestali che stavano per fare il loro ingresso nell’abside lenì il disappunto del grandissimo figlio di Ippocrate che, inspiegabilmente, storse leggermente il naso appena fu affiancato dal fido Visir nel suo abito da supereroe ormai quasi sgonfio.

Questo quadro che per maestosità ricordava un dipinto di Velasquez, presentò i tre figuranti agli occhi delle due vestali e della novizia che entrarono in pompa magna (scusate la parola).


Continua...

4 commenti:

Octuagenario ha detto...

Mio esimio amico, il suo racconto continua impunemente a commuovermi, ma quando ho letto la parola "cicisbeo" mi sono scese letteralmente le lacrime.
A buon diritto potrebbe entrare nella prestigiosa ANFTD (Accademia Nazionale Fan dei Termini in Disuso).
Sono anni che da parte mia tento inutilmente di entravi, e questo mi disgarba alquanto...

Jean du Yacht ha detto...

Candele di sego una sega, sono eccellenti nonchè esose candele steariche e di acido solforico della DeBlangj di Mira! E le palanche le ho tirate fuori io.

Sir Vi, non si preoccupi per quanto riguarda la parola "magna", io l'ho già scusata.

Porporina ha detto...

Visir, ho finito le parole di encomio per quello che leggo.
Quelle per lei le serbo nel mio cuore e le medito.

Haemo Royd ha detto...

Sto risparmiando per dotare il trio di castagnatt (venditori di castagne arrosto) di un bidone usato atto alla triste bisogna.
"Venghino siore e siori, due maroni otto cents!"
ma ora basta scherzare che devo spazzolare il completino di fustagno.