mercoledì 11 febbraio 2009

Il Prigioniero -Parte IV-


Osservava il mare seduto sul lettino vicino alla grande piscina, era un paesaggio mozzafiato che i suoi occhi conoscevano ormai perfettamente, ma che non smettevano di ammirare.
Oggi era il giorno.

Dieci anni, dieci lunghi anni erano trascorsi e gliel’aveva fatta. Oggi avrebbe rivisto il suo “datore di lavoro”, il Numero 1, come nelle rarissime comunicazioni telefoniche si faceva chiamare il vecchio paralitico.
Un brivido lo percorse da capo a piedi e quasi si sentì sopraffare dalla gioia, dall’orgoglio della sua vittoria.
Certamente i momenti difficili non erano mancati, disse fra se, e ricordò con precisione tutte le difficoltà affrontate ed i cambiamenti che aveva dovuto operare su se stesso per arrivare a questo momento, per gustare questo istante che aveva il sapore dell’Ambrosia.

Ricordò il primo giorno del suo arrivo sull’isola. Era atterrato con l’elicottero privato del Numero 1, quel invalido malefico che lo aveva condannato a dieci anni di paradiso forzato.
“Una villa meravigliosa”, aveva detto quel avvocato molto tempo fa, ed, infatti, così era.
Purtroppo il lusso stemperato nella routine, annoia. Anche la carezza amorevole ma costante soffoca, alla fine l’abitudine soverchia ogni altezza.
La naturale associazione mentale che arrivò nella sua mente fu per tutte le donne che aveva posseduto in questi anni, ma questo pensiero non gli diede fastidio.
Una sorta di distaccata osservazione si fece largo fra le pieghe del suo cervello nel ricordare tutte le ragazze che aveva avuto.
Stranamente serbava memoria solamente della prima e ora, si ripromise, avrebbe ricordato per sempre anche l’ultima.
La bella e giovane fotomodella lo attendeva da un pò in camera da letto per: l’ultimo rapporto sessuale obbligatorio della sua vita.
Il suo ultimo spettacolo osceno per il "Numero 1”.
Le altre “signorine” risultavano indistinte, corpi ben fatti, bocche vogliose, odori diversi si confondevano nella sua memoria come un collage scandaloso ma confuso.

“Finalmente sarebbe stato ricco e libero”, sorrise della propria vanità e ricordò ancora di come fosse cambiato.
Un cambiamento così radicale che fra il vecchio, ma allora giovane, se stesso e l’attuale uomo non passava nemmeno un segno di riconoscimento.
Aveva modificato la sua esistenza, come un atleta in occasione di un’olimpiade, solo che per lui non ci sarebbe stato il guadagno di una medaglia alla fine della gara, ma un pezzo del suo corpo ancora attaccato a se stesso, e la cosa era molto più seria.
Eliminate le sigarette, ridotto a dosi omeopatiche l’alcol, aveva disciplinato il proprio corpo in un allenamento duro ma non esasperato. Nuoto, un’ora il giorno ma tutti i giorni. “Ginnastica e cibo sano” erano stati i suoi compagni di viaggio. Il Trainig mentale il suo maestro per non cedere alla depressione e alla paura. Aveva costruito un corpo forte che gli aveva consentito di avere poco meno di 10.800 orgasmi in dieci anni e uscirne vivo da questa brutta storia.
“Vivo ma non illeso”, precisò nel suo monologo mentale.

Il lavoro più duro era stato plasmare la sua mente.
Estirpare da se stesso la paura di non farcela, mondare il suo inconscio da ogni pensiero parassita. La sua vita apparentemente dissoluta era in realtà una vita monastica. Un tempio costruito all’interno di un bordello. Aveva dovuto edificare una simile opera per sopravvivere e nel sopravvivere aveva covato l’odio e la rivalsa per il suo carceriere multimiliardario.
Aveva una sorpresa per lui: una trappola. Un regalo forgiato dal livore. Un opera costruita dentro la sua mente. Aveva scavato nel suo cervello una buca irta di pali acuminati, dove il grande mammut sarebbe andato a cadere e morire, ma con dolore.

Gli angoli della sua bocca si distesero in un’espressione travisata e sgomenta, si appannò il suo sguardo.
Il seme di un'intuizione aveva sconvolto la sua interpretazione del passato e di ciò che si apprestava a fare per il futuro. Era solo inciampato in un barlume di verità che però non scalfiva la granitica costruzione a cui aveva sacrificato un decennio. Fu quindi solo un attimo che allontanò da se come un'assurdità.

Allungò lentamente il braccio e prese il bicchiere di cristallo appoggiato sul tavolino, bevve il succo di pomodoro condito come fosse champagne.
Il cameriere alle sue spalle interruppe il corso del suo ragionare.
“Il Signore desidera qualche cosa?”
“No grazie, ho tutto quello che mi serve”, rispose e quelle parole per lui avevano anche un alto significato, molto più profondo.

L’accappatoio bianco lo copriva dal vento fresco che si era sollevato inaspettato. In questa isola della Grecia faceva sempre un tempo magnifico. Pioveva raramente e mai per tutto il giorno. Gli inverni miti gli avevano concesso una salute di ferro.
Le lunghe ore di esposizione al sole mentre sprofondava nella lettura e nella meditazione avevano conferito alla sua pelle un colorito bronzeo elargendogli però anche qualche ruga.
“Aveva già quaranta anni”, pensò come se questa verità biologica fosse stata per lui, in quel momento, una rivelazione spirituale.
Osservò poi con indifferenza le amputazioni che aveva subito, quattro dita di un piede, il mignolo di una mano. Si accarezzò l’unico orecchio che gli era rimasto e rivisse per un attimo il dolore e il terrore, ma senza più coinvolgimento, come se fosse accaduto ad un altro.
Aveva imparato anche a fare questo, ora era libero dalla sofferenza, non insensibile ma semplicemente oltre questa.

“Bene!”, Disse per farsi coraggio, "andiamo a lavorare", e così dicendo si avviò claudicante verso la camera da letto. La stanza lo aspettava con le grandi porte-finestre aperte sul patio lastricato di belle pietre levigate .
Le tende azzurre pigramente spostate dal vento davano saltuari scorci del locale nel cui centro campeggiava un grande letto bianco e sopra di esso c'era una ragazza sdraiata, nuda. Lei gli dava le spalle mentre leggeva una rivista, era mora, magra ma perfetta con un seno scolpito e i glutei alti e muscolosi leggermenti abbronzati; pareva un bassorilievo sul candore delle lenzuola.
La giovane si volse appena verso di lui e sorrise ammiccante.

“Sei l’ultima”, pensò fra se, ma poi ricordò il suo piano e si corresse: “Forse”.

Mentre si accoppiava con la bella amante provò un'inaspettata soddisfazione. Poi udì l’elicottero che si avvicinava alla villa ed ebbe una stretta allo stomaco.
Nel momento dell’orgasmo apparve nella sua mente la faccia del vecchio che lo contemplava con un ghigno.

“Ride bene chi ride per ultimo”, disse, poi guardando in direzione della telecamera nascosta dietro l’armadio rise, rise forte come posseduto dalla follia.

Continua….

8 commenti:

Porporina ha detto...

Visir, domani è San Valentino, come regalo vorrei le parti V e VI.
O solo per me esiste anche la parte VII ?

Una domanda: ma perché non gli hanno amputato le dita un po' per piede, invece che tutte dalla stessa parte ?

Visir ha detto...

Se ad un uomo amputano tutte le dita di un piede non è più possibile per lui neanche zoppicare.Deve camminare con una protesi o con le stampelle. Lasciando invece l'alluce al nostro Peter (lo specificherò più avanti) egli può ancora muoversi in parziale autonomia.
E' solo per magnanimità che le amputazioni sono state fatte random.
Anche se, e non vorrei anticipare il racconto, hanno il loro perchè e motivo anche loro.
Lo si vedrà nelle parti successive.
Dubito di finire nel WE poichè lavoro e ho un corso di aggiornamento, ma per rispondere alla tua prima domanda ti dico che: ci sarà una parte VII, ovvero un doppio finale a scelta dei nostri fans di blog.
Il regalo quindi sarà consegnato in puntuale ritardo. :)

Porporina ha detto...

Come al solito mi sono spiegata male, e la cosa mi rattrista alquanto.
Tu dici che gli hanno amputato 4 dita di un piede e un dito di una mano.
Perché non due dita per piede, non era più ragionevole ?

Aspetto le parti mancanti, meglio una scatola di baci Perugina il 14 o un solitario da due carati verso il 16 febbraio ?

Visir ha detto...

Ciò che non si può comprare con il denaro, si può certamente comprare con molto denaro.
Fossi in te opterei per un tre carati il 14, meglio un quattro il 13, ancora meglio se subito.
Cupidigia e Cupido spesso vanno a braccetto.
Personalemente sono ricchissimo in quanto non desidero nulla che non abbia, il mio augurio e che per te sia lo stesso e con questo pago pegno in anticipo.
Sulle dita non ne farei una questione di lana caprina, come diceva Pin-Nao: il saggio addita la luna e i Pin-Nin guardano il dito. :)

Anonimo ha detto...

Personalmente opterei ?
Ma essendo io la destinataria del dono mica posso decidere la caratura, basta che luccichi.
porp.

Haemo Royd ha detto...

Peggio che lavorare in miniera, 3 volte al dì per 10 anni, fallo diventare gay ultrapassivo.
Ma un interrogativo mi attanaglia, ha 40 anni e sta per diventare presbite, gli manca un orecchio...gli occhiali dove li metterà? Sul cazzo?

Visir ha detto...

La vista si perde per pratiche erotiche self-service. Il nosto Peter gode ancora di ottima vista, alla peggio userà le lenti a contatto, magari usa e getta, naturalmente 3 volte al giorno.

Porporina ha detto...

A parte che vi amo appassionatamente tutti e due, Peter potrebbe obtare per il pince nez, che tanto le mani per rimetterseli a posto ce l'ha ancora, e siamo a fine 10 anni, per fortuna.
Porp.